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CAPORALATO

La piaga del caporalato tra controlli, lavoro nero e filiera secondo le associazioni agricole

Per la Cia c’è bisogno di controlli, Alleanza Cooperative svela i dati sul lavoro nero, Coldiretti chiede un riequilibrio alla Gdo
ALLEANZA COOPERATIVE, BRACCIANTI, CAPORALATO, Cia, Coldiretti, LAVORO NERO, Non Solo Vino
Lavoro nero nei campi

Mentre i braccianti manifestano a Foggia contro lo sfruttamento nei campi, il mondo agricolo fa i conti con una piaga ancora da sanare, quella del caporalato, tornata ad acuirsi con il dramma della morte dei 16 lavoratori nei due incidenti stradali nel foggiano dei giorni scorsi, che, dice la Cia-Agricoltori Italiani, “ha scosso le coscienze. Bisogna affrontare le criticità con estrema urgenza, ponendo l’attenzione sul caporalato con più controlli capillari e maggiore prevenzione per debellare definitivamente questa odiosa pratica. La piaga del caporalato è in Italia un fenomeno presente, anche se ora è circoscritto a pochissimi casi. I numeri sono lì a dimostrare il rigore della stragrande maggioranza degli imprenditori agricoli. Le ultime vicende luttuose indicano che esistono anche altre inefficienze a cui occorre dare risposte, tutte connesse al tema della sicurezza dei lavoratori e alla loro dignità. È sbagliato - conclude Cia-Agricoltori Italiani - creare un clima negativo nei campi, esistono gli strumenti istituzionali per perseguire chi delinque e devono essere esercitati”.
Ma il caporalato non è che una declinazione, senza dubbio la più odiosa, di un problema ancora più grande, quello del lavoro nero, raccontato nel focus di Censis e Alleanza Cooperative “Negato, irregolare, sommerso: il lato oscuro del lavoro”. Piaga che ha vissuto un vero e proprio boom negli anni della crisi, tanto che oggi sono 3,3 milioni i lavoratori vessati nelle false imprese, 500.000 solo in agricoltura, addirittura un milione. E in tutti i settori produttivi del Paese il salario medio orario scende da 16 euro a 8, il che vuol dire un’evasione tributaria e contributiva che tocca quota 107,7 miliardi, quattro volte una manovra finanziaria. Nel periodo 2012-2015, mentre l’occupazione regolare si è ridotta del 2,1%, l’occupazione irregolare è aumentata del 6,3%, portando cosi a oltre 3,3 milioni i lavoratori che vivono in questo cono d’ombra non monitorato. “Diciamo basta a chi ottiene vantaggio competitivo - dice Maurizio Gardini, presidente di Alleanza Cooperative - e attraverso il taglio irregolare del costo del lavoro che vuol dire diritti negati e lavoratori sfruttati. Se le false cooperative sfruttano oltre 100.000 lavoratori emerge, invece, un’area grigia molto più ampia che interessa le tantissime false imprese di tutti i settori produttivi che vessano in un lavoro irregolare e sommerso oltre 3,3 milioni di persone”. Fra le voci più rilevanti dell’evasione si distingue quella relativa all’Iva, che sfiora i 36 miliardi di euro, e quella da mancato gettito dell’Irpef derivante da lavoro e impresa, pari a 35 miliardi di euro. Calabria (9,9%), Campania 8,8%), Sicilia (8,1) e Puglia (7,6%) le regioni con la più alta percentuale di lavoro sommerso.
Ma ciò che succede nei campi non si può certo slegare dal resto della filiera, arrivando fino allo scaffale, dove lo squilibrio tra la rimuneratività del lavoro agricolo e quella della distribuzione diventa del tutto evidente. Come ricorda la Coldiretti, infatti, quando si acquista una passata al supermercato si paga più per la bottiglia che per il pomodoro contenuto. In una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro, oltre la metà del valore (53%) secondo la Coldiretti è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità. Esiste, sostiene la Coldiretti, un evidente squilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera, favorito anche da pratiche commerciali sleali come i casi di aste capestro online al doppio ribasso, che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione, nonostante il codice etico firmato l’anno scorso fra il Ministero delle Politiche Agricole e le principali catene della grande distribuzione, che avrebbe dovuto evitare questo fenomeno che spinge a prezzi di aggiudicazione che non coprono neanche i costi di produzione.
“Occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità - commenta il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - ci vuole una grande azione di responsabilizzazione, dal campo allo scaffale, per garantire che dietro tutti gli alimenti in vendita, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore. Per questo - continua Moncalvo - occorre affiancare le norme sul caporalato all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti. I lavoratori stranieri - conclude Moncalvo - contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove va assicurata la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano un’ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale.

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