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TRA TIPICITÀ E AFFARI

Italia terra di sagre, business da 900 milioni di euro. Ma Fipe avverte: “troppi abusivismi”

Diffuse in tutto il Paese, con numeri strabilianti. Ma dal pesce in montagna all’arrosticino nel Varesotto, Fipe lancia il monito contro l’abuso
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La maggior parte delle sagre sono concentrate nei mesi estivi. Attenzione agli abusivismi

Italia si, Italia no, la terra delle sagre. I numeri parlano chiaro, gli italiani ne vanno pazzi. Ma in mezzo ai numeri straordinari di questo settore, si celano abusivismo e una tendenza a screditare il rapporto con la cultura gastronomica del territorio a favore di una deriva commerciale.
Come riporta Fipe, si contano 42.000 sagre all’anno, per un totale di 306.000 giornate di attività con un fatturato di 900 milioni di euro. L’80% di queste sagre è concentrato nei mesi estivi, tra giugno e settembre; agosto è il mese principe con il 34% delle giornate complessive dedicate. Dunque, 8 sagre su dieci si svolgono tra giugno e settembre, e proprio in questo periodo i giorni di attività si allungano fino a coprire il 90% del totale. In particolare, solo nel mese di agosto, si realizzano 15.000 sagre ovvero oltre 104.000 giorni dedicati a questi eventi.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Infatti, in parallelo alle regolari manifestazioni, si svolgerebbero, sempre secondo Fipe/Confcommercio, 32.000 eventi abusivi, eventi cioè privi di requisiti di autenticità e legami col territorio.
“I dati che riguardano il fenomeno delle sagre sono davvero impressionanti, ma ciò che ci spaventa di più è l’abusivismo dilagante. Sono tantissime le manifestazioni che non hanno requisiti di autenticità e non raccontano nulla dei territori dove vengono organizzate, mettendo da parte tradizioni e cultura in nome del profitto - commenta Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe - inoltre, c’è da segnalare che questi eventi generano un volume d’affari di circa 600 milioni di euro su cui non ci sono imposte e contributi, con grave danno, non solo per l’erario, ma anche per tutti quei pubblici esercizi che devono rispettare leggi molto stringenti in materia di fisco, di sicurezza alimentare, di igiene, di accessibilità per disabili. Se le regole non sono uguali per tutti le “finte” sagre diventano una concorrenza che erode spazio e mercato ai pubblici esercizi onesti, obbligati sempre e comunque ad avere tutte le carte in regola”.
A preoccupare, dunque, è la concorrenza sleale nei confronti delle attività di ristorazione canoniche e la deriva commerciale di eventi spacciati per sagre ma che non hanno relazione con il proprio territorio. Fipe riporta l’esempio delle sagre di pesce organizzate in piena montagna o le sagre di un prodotto tipico di una zona d’Italia che va in scena in tutt’altra parte del paese; nel mirino dell’associazione di categoria anche le tantissime feste della birra.
“In generale la Fipe/Confcommercio non è assolutamente contraria a queste manifestazioni - prosegue Stoppani - Tuttavia, crediamo sia importante dare priorità a quegli eventi enogastronomici con una riconosciuta valenza di tradizione, magari coinvolgendo gli operatori del territorio con la possibilità di creare partnership con i ristoranti della zona per proporre menù tipici ad hoc. Inoltre, sarebbe opportuno un intervento delle Istituzioni, con la creazione, da parte di ogni Regione, di un proprio registro delle sagre autentiche, per fornire ai Comuni delle linee guida da seguire”.

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