Il caos della politica di questi giorni, ha ovviamente rallentato anche i lavori su quei provvedimenti che erano in fase avanzata. Come il decreto del Ministero delle Politiche Agricole (oggi retto ad interim dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo le dimissioni di Teresa Bellanova, in attesa del nuovo Ministro, che sarà il decimo, escludendo l’interim, dal 2006 ad oggi, ndr) che stabilirà le regole per il “sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola”, ovvero uno standard unico nazionale ed ufficiale invocato più volte negli ultimi anni da gran parte della filiera, sia per mettere ordine in quella che, negli anni, è diventata quasi una selva di protocolli e certificazioni diversi, sia per dare al settore uno strumento ufficiale non solo per monitorare e valorizzare le buone pratiche di agricoltura e produzione sostenibile che ormai, nel mondo del vino, per tantissime imprese, sono la normalità, ma anche per raccontarlo sui mercati, dove il tema della sostenibilità è uno dei più presenti ed importanti. Decreto di stampo ministeriale, e che quindi non avrà bisogno di ulteriori passaggi Parlamentari una volta ottenuto il via libera della Conferenza-Stato Regioni. Che, salvo sorprese, dovrebbe essere quasi scontata, visto che le Regioni stesse hanno contribuito in maniera concreta alla sua stesura.
Dalla bozza analizzata da WineNews, comunque, emergono dei punti fermi: se uno dei nodi ancora da sciogliere e su cui si lavora da tempo è quello, meramente tecnico, della convergenza tra i protocolli più importanti e diffusi, come, Viva del Ministero dell’Ambiente, l’unico protocollo di sostenibilità del vino pubblico, ed i principali protocolli privati, ed in particolare quello di Equalitas (nato da una iniziativa di Federdoc ed Unione Italiana Vini, e nella cui compagine sociale sono poi entrati gli enti di certificazione Csqa, leader sull’agroalimentare, e Valoritalia, n. 1 nel vino, oltre al Gambero Rosso e a 3AVino, società specializzata nella finanza vitivinicola), a definire il disciplinare di sostenibilità vinicola, a verificarlo (con cadenza almeno annuale) aggiornarlo ed a coordinarne il monitoraggio sarà il Cosvi-Comitato della Sostenibilità Vitivinicola”, i cui componenti (che non riceveranno compenso e rimborso spese) arriveranno dal Ministero delle Politiche Agricole (2) e del Ministero dell’Ambiente (1), che nomineranno anche un esperto a testa, ma ci saranno anche 6 rappresentati designati dalla Conferenza Stato Regioni, due esperti del Crea, un rappresentate per ognuna delle principali organizzazioni agricole e vitivinicole, ed un esperto in rappresentanza dei tecnici agrari.
Il sistema di certificazione, poi, come scritto all’articolo 1 della bozza di decreto, “utilizza le modalità e le procedure del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata”, e l’adesione, chiaramente, resta su base volontaria e “può avvenire da parte di aziende singole o associate”.
Ma al di là degli aspetti tecnici fissati in una bozza che, però, di fatto, appare ben definita, ad essere importanti, ora più che mai, sono le tempistiche su un lavoro avviato da tempo, che ha coinvolto tanti stakeholder della filiera, e che è ad un passo dal giungere al termine. Un passo che tutti si augurano non resti troppo a lungo bloccato dalle pastoie della politica che il Paese sta vivendo in queste settimane, privando il vino italiano di quello che potrebbe essere un importante strumento ufficiale di competitività sui mercati del mondo in cui, dicono tutte le ricerche, quello della sostenibilità è un fattore chiave anche nelle scelte di acquisto, e nel riconoscimento di un maggior valore aggiunto al vino: secondo una recente ricerca di Porsche Consulting, agenzia di consulenza legata al celebre brand dell’automobile, la sostenibilità di un vino può portare ad “premium price” del 50% superiore.
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