Se da una parte la pandemia ha messo in risalto l’importanza dell’agroalimentare, che ha dimostrato resilienza di fronte alla crisi e può svolgere un ruolo di traino per l’economia del Belpaese, la chiusura per il lockdown delle attività di ristorazione ed alberghiere ha messo molti imprenditori in ginocchio esponendoli al rischio usura e alla cessione delle attività alla malavita, il cui business criminale, dai campi ai supermercati, ha superato i 24,5 miliardi di euro. A dirlo è la Coldiretti, in riferimento alla relazione relativa al secondo semestre del 2020 che la Dia, la Direzione investigativa antimafia, ha consegnato al Parlamento.
La criminalità non solo si è appropriata di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromette in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione, sottolinea Coldiretti, le agromafie impongono l’utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali.
“Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare - afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie”.
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