Se la crescita dei contagi da Covid torna a gettare incertezza sul mondo della ristorazione, in attesa di sapere le nuove misure per contenere la diffusione del virus che il Governo annuncerà il 23 dicembre, anche per uno dei settori già più colpiti dalla pandemia, la certezza, tutt’altro che positiva, arriva dalla crescita dei costi delle materie prime spinta dall’inflazione. Con aumenti in media, per i prodotti alimentari, del 10%, e addirittura superiori per più di 1 ristoratore su 3. A svelarlo è un’indagine condotta dall’Ufficio Studi Fipe/Confcommercio che ha interrogato su questo punto i gestori dei Pubblici esercizi italiani: oltre 9 imprenditori su dieci lamentano un incremento dei prezzi delle materie prime, in particolare su prodotti ittici, frutta, carni e ortaggi.
“La spinta inflazionistica degli ultimi mesi è senza dubbio causata da molteplici fattori - sottolinea l’Ufficio Studi Fipe/Confcommercio - l’andamento anomalo delle condizioni meteo che ha colpito le produzioni ortofrutticole, le restrizioni imposte nei vari Paesi a causa della pandemia, fenomeni geopolitici che hanno impattato in modo significativo sui costi dell’energia, hanno provocato un generalizzato aumento dei prezzi. Non mancano, tuttavia, neppure alcuni fenomeni speculativi pronti a sfruttare gli squilibri tra domanda e offerta generati dalla ripresa dell’economia mondiale. Fino ad ora i ristoratori hanno assorbito questi aumenti senza scaricarli sui consumatori, ma non potrà essere ancora così a lungo”.
Sul probabile aumento dei listini che potrebbe verificarsi già nei primi mesi 2022 incide, oltre all’inflazione acquisita dalla filiera e l’impennata dei costi dell’energia, anche il fatto che il 43% delle imprese non ritocca i prezzi da oltre di un anno. Il 76% dichiara che li aggiornerà tra la fine dell’anno e la prima parte del 2022 ma non manca chi, il 24% del totale, continuerà a tenerli bloccati per almeno un altro anno.
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