Tra i Brunello più rappresentativi di Castello Banfi, un posto particolare lo occupa il “Poggio alle Mura”, che porta con sé anche una storia. A Montalcino esisteva un’azienda (Agraria “PAM” cioè Poggio alle Mura), e non è improbabile imbattersi in vecchie bottiglie con questo marchio. Quando la famiglia Mariani cominciò ad interessarsi di Montalcino in chiave enoica (già agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso), siglò un accordo con Poggio alle Mura, per importare negli Usa il Brunello, allora Villa Banfi, imbottigliato proprio dall’Agraria PAM, iniziando di fatto il percorso che porterà Banfi e Montalcino ai successi odierni. Solo vent'anni dopo, Castello Banfi riportò agli antichi splendori il toponimo “Poggio alle Mura” sulle sue bottiglie, dopo aver riconsegnato agli antichi fasti il Castello di Poggio alle Mura, con un intervento iniziato nel 1983. Ed oggi “Poggio alle Mura” è diventata anche una linea specifica nella gamma delle etichette di Castello Banfi, che comprende Rosso di Montalcino, Brunello e Brunello Riserva. Quest’ultimo, insieme alla Riserva “Poggio all’Oro” e “Vigna Marrucheto”, rappresenta l’apice produttivo dell’azienda italo-americana che, soprattutto in epoca recente e proprio con queste etichette, sembra aver ritrovato un dinamismo qualitativo interessante, all’insegna di un sobrio modernismo stilistico. Il Poggio alle Mura Riserva 2016 ha naso tendenzialmente arioso di frutti e spezie con qualche tocco balsamico. In bocca, il sorso è ben scandito nei suoi toni dolci, congedandosi con un finale ancora fruttato e dai cenni tostati. Banfi a Montalcino nasce ufficialmente nel 1978 per volontà dei fratelli italoamericani John e Harry Mariani, con il determinante ruolo di Ezio Rivella, che senza esitazioni puntò sulle potenzialità pedo-climatiche di quell’areale e sul Brunello. Oggi Castello Banfi - cantina che investe molto sulla sostenibilità ambientale, sociale ed etica, studiando l'impatto complessivo della sua produzione e cercando soluzioni per ridurlo - si estende per ben 2.830 ettari complessivi, coltivati per circa un terzo a vigneto (850 ettari, da cui si originano 10.500.000 bottiglie) e per il resto occupati da oliveti e altre coltivazioni, per esempio la prugna e i cereali, che ne fanno un’impresa agricola a tutto tondo. Nella cantina di Sant’Angelo Scalo, che è diventata anche distributore di etichette importanti (per esempio dello Champagne Joseph Perrier, ma anche dei marchi “nuovomondisti” Concha y Toro ed Emiliana), si producono anche vini di altre significative denominazioni toscane (l’azienda possiede 40 ettari di vigneto a Castellina in Chianti e 5 ettari a Bolgheri).
(fp)
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