Filiere corte, sinergie, economie di scala, visioni di medio e lungo termine condivise, contratti di rete e di filiera, fanno dei “distretti industriali” un modello vincente. Anche quando si parla di vino, agricoltura e cibo. La conferma, l’ennesima, arriva dal “Rapporto annuale sull’economia e finanza dei distretti industriali 2021” di Intesa San Paolo. Nel complesso, i distretti italiani, nel 2021, hanno visto un rimbalzo del fatturato del +25,2% sul 2020, e del +4,3% sul 2019, con un export che ha sfiorato la cifra record di 133 miliardi di euro. Distretti che si confermano competitivi anche nel primo trimestre 2022, con un +19,3% all’export sul 2021, e +16% sul 2019, con quelli degli alimentari e delle bevande ben oltre la media, con una crescita del +15,4% sul 2021, e addirittura del +26,4% sul 2019. E se i distretti in assoluto migliori per perfomance di crescita, redditività e patrimonializzazione sono stati quello delle macchine agricole di Padova e Vicenza, quello della camperistica della Val d’Elsa e quello delle macchine agricole di Reggio Emilia e Modena, sul fronte wine & food, il migliore in assoluto (e n. 5 a livello nazionale), è quello dei Vini di Langhe, Roero e Monferrato, che, con i suoi Barolo, Barbaresco, Barbera e non solo, continua ad essere una delle locomotive del vino italiano.
Ma tra i migliori, secondo Intesa San Paolo, ci sono anche il distretto alimentare di Parma, uno dei cuori della “food valley” emiliana, il lattiero caseario di Sardegna, il distretto di carni e salumi di Cremona e Mantova, quelli dei salumi di Parma e delle carni di Verona, ed ancora i distretti della nocciola e della frutta piemontese, e della mozzarella di bufala campana.
Le evidenze, emerse nel Rapporto, confermano la centralità delle filiere produttive come fattore di competitività nei prossimi anni. Nei distretti la distanza media degli approvvigionamenti è molto contenuta, benché aumentata nella pandemia: nel 2021 è stata pari a 116 chilometri, 24 in meno rispetto alle aree non distrettuali. È poi più elevato il numero medio di fornitori per azienda (29 contro 25). La capacità di presidiare i mercati esteri è un altro punto di forza dei distretti che storicamente presentano una maggiore internazionalizzazione, misurata dal numero di partecipate estere (29 ogni 100 imprese vs le 19 delle aree non distrettuali) e dalla quota di imprese che esportano (62,1% vs 52,2%). I distretti sono ben posizionati anche in termini di capacità brevettuale, con 70,7 brevetti ogni 100 imprese; le aree non distrettuali si fermano a 51,5.
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