L’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia e l’inflazione, schizzata a +8,4%, rafforza l’urgenza di accelerare e vincere la sfida per la transizione verde con la produzione agricola biologica quale strada maestra da percorrere per la vera sostenibilità. Serve, per questo, un programma che tuteli il bio dalla crisi economica, nei campi e sullo scaffale. A dirlo, dall’incontro “Il futuro del cibo” di scena al Sana, è la Cia-Agricoltori Italiani.
Ora il ruolo del biologico si fa sempre più dirimente e interpreta prima che un’ambizione, un modello comprovato e verso cui tendere nella lotta ai cambiamenti climatici, visti gli oltre 3 miliardi di danni causati dall’ultima siccità, e per garantire la sicurezza alimentare globale con il 2023 a rischio carestia stando ai 46 milioni di persone in più nella fame, durante gli ultimi due anni, e ai nuovi 200 milioni in difficoltà da inizio pandemia a oggi. Il biologico, difronte a tutto ciò, ha già dimostrato di poter contribuire alla svolta e con prove tangibili quasi tutte italiane.
Il nostro Paese vanta la più alta percentuale di superfici bio sul totale, con oltre 2 milioni di ettari, il 16% rispetto al 10% di Spagna e Germania, al 9% della Francia. Ma soprattutto, il comparto cattura Co2 per eccellenza, vede l’Italia del bio crescere a ritmi importanti (superfici e imprese bio a +40% negli ultimi 5 anni) e tali da far prevedere il raggiungimento dei 3 milioni di ettari entro il 2030, centrando così il target del Green Deal Ue del 25% di superfici a bio, raggiunto già da Calabria, Sicilia, Toscana e Lazio.
Il mercato del biologico Made in Italy vale quasi 5 miliardi di euro e toccherà guardare con attenzione ai comparti più forti come l’ortofrutticolo che da solo fa il 46,1%, e alle colture in aumento: vigneti (+9,2%) e noccioleti (+12,5%), grano duro (+5,9%) e tenero (+15,4%) con i seminativi a fare da soli il 45% della Sau bio, mentre si riducono, ma di poco, le superfici ad agrumi (fino a -17%) e restano stabili prati e pascoli (-0,8%). Tutti comunque compromessi dalle calamità come dalle tensioni per la guerra in Ucraina, e per quella dei prezzi, che fanno danni dal campo alla tavola e vanno svuotando il carrello anche del bio (vendite giù dello 0,5% nella Gdo in questo 2022).
“Il patto con il consumatore per ripartire il giusto valore lungo tutta la filiera - commenta il presidente Cia/Agricoltori Italiani, Cristiano Fini - può, a questo punto, passare proprio per il biologico di cui l’Italia rappresenta una buona pratica, strategica alla svolta green e anche contro la crisi energetica. Occorre però accogliere un’altra sfida, più coraggiosa. Costruire una grande campagna che tuteli il biologico da quest’impasse inflazionistica e ne faccia il motore del cambiamento, puntando su qualità e ruolo del settore, e su uno sviluppo integrato che coinvolga nel territorio, associazioni, istituzioni e imprese. Non vanno vanificati gli impegni presi nel quadro normativo specifico con il Regolamento europeo e con la legge nazionale dedicata -conclude Fini- bisogna agevolare gli investimenti; canalizzare ricerca, innovazione e, prima di tutto, le risorse già stanziate (dai 2,1 miliardi di euro della programmazione Pac 2023-2027 ai 300 milioni del Fondo complementare al PNRR per i contratti di filiera e distrettuali) per sostenere e promuovere il comparto, ridurre i costi di produzione e i prezzi al consumatore”.
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