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ANALISI PAMBIANCO

La ripresa della ristorazione dopo la pandemia: Da Vittorio al top per fatturati nel fine dining

In top five anche Langosteria, Da Giacomo, Francescana e Alajmo. Fa più fatica, invece, la ristorazione collettiva, con l’eccezione La Piadineria
ANALISI, CEREA, ECONOMIA, FINE DINING, PAMBIANCO, RISTORAZIONE, RISTORAZIONE COLLETTIVA, Non Solo Vino
La famiglia Cerea del Da Vittorio

Può sembrare un paradosso, ma il Covid pare aver dato un nuovo slancio alla ristorazione di alta gamma nel Belpaese. Come emerge da uno studio sullo “status” della ristorazione dopo le chiusure 2020, dopo i lockdown e le criticità (nei numeri) del 2020, il fine dining italiano ha ripreso quota nel 2021, mettendo le basi per un 2022 che, in prospettiva, preannuncia bilanci più che brillanti. Arrancano invece i format del fuori casa più “pop” - dall’autogrill alle catene, passando per la ristorazione collettiva - che, dopo l’inevitabile debacle del 2020, sono tornate a crescere nel 2021, ma sono ben lontane dai dati di bilancio del pre pandemia. 

Andando nel dettaglio, tra investimenti, nuove aperture e progetti integrati con il segmento hotellerie, i gruppi dell’alta ristorazione archiviano un 2021 di piena risalita e nel 2022 sembrano orientati a mantenere l’abbrivio, in accelerazione. La classifica dei Top 5 vede “Da Vittorio” saldamente in testa, grazie alla riscossa del 2021, quando il gruppo della famiglia Cerea ha recuperato completamente la debacle del 2020 (dove inevitabilmente aveva perso il 39% del fatturato, scivolando a 15 milioni), tornando ai 24 milioni di euro del 2019, anche se con una parziale erosione della redditività (l’ebitda è sceso dal 29 al 24%). Il 2022 si sta, invece, confermando un anno di grande crescita per il gruppo, testimoniato anche dall’inaugurazione, in pochi mesi, del primo casual dining a Milano, “DaV Milano by Da Vittorio” in Torre Allianz, e la seconda insegna asiatica a Saigon. Inoltre, sempre a Milano, è da poco aperto il po up store “Da Vittorio Selection”.

Sul secondo gradino del podio per fatturato, Langosteria ha assestato un colpo di reni nel 2021 fermandosi però a 16 milioni contro i 19 milioni del pre-Covid (e riducendo l’ebitda dal 9 al 4%), ma si tratta di un temporaneo passaggio a vuoto perché le previsioni sono esplosive per il 2022. Il gruppo ha annunciato una proiezione vicina ai 40 milioni per l’anno in corso, frutto anche dei 9 milioni di euro realizzati dal ristorante di Parigi inaugurato a settembre 2021, in collaborazione con Cheval Blanc Paris. L’Italia spinge grazie ai quattro ristoranti a Milano, e al locale di Paraggi, a cui si aggiungono i Bagni Fiore (gestiti dall’Hotel Splendido Belmond). Numeri destinati ad un incremento nel 2023, complice la nuova apertura a St. Moritz in programma per il prossimo gennaio.

Un biennio da montagne russe per Da Giacomo, che, dopo lo scivolone del 2020, a soli 2 milioni di fatturato, nel 2021 supera di slancio gli 8 milioni del pre-Covid raggiungendo quota 14 milioni (ma con ebitda a -1%, contro il 19% del 2019). Il 2022 è stato un anno di sviluppo, con lo sbarco a Santa Margherita Ligure e, dunque, il progetto dovrebbe rafforzarsi ulteriormente.

Anche per il gruppo Francescana, che, nel 2020, non aveva sofferto una debacle ma pur sempre una netta riduzione di fatturato, il 2021 ha visto un pieno recupero con una spinta nuova e ricavi per 11 milioni (oltre i 10 milioni del 2019). Al quinto posto nella Top 5 il gruppo Alajmo, che, nel 2021, ha ritoccato a 9 milioni il fatturato 2020, ma che, per il 2022, si prepara al raddoppio. L’ultimo biennio ha visto la famiglia padovana accelerare sugli investimenti e riorganizzare le attività del gruppo, con l’avvio di un importante riposizionamento nell’entroterra veneziano (con tre locali aperti in seno alla galassia H-farm) e quest’anno, con la nuova apertura a Cortina, prevista per dicembre.

Se il fine dining ha segnato una ripresa dopo le serrate del periodo Covid, più complesso è lo scenario per i top player nella ristorazione commerciale. Il 2021 ha visto un parziale riscatto dopo i crolli del 2020, ma i livelli pre-Covid son rimasti un miraggio lontano. Sarà probabilmente il 2022 l’anno della svolta vera, con una ripartenza solida e piena. Cigierre - oltre 370 locali con format come Old Wild West, America Graffiti, Wiener Haus, Pizzikotto, Shi’s e Temakinho - nel 2021 si è fermata a 264 milioni di euro di fatturato, ben lontana dai 388 milioni del 2019. Le criticità legate ai lockdown hanno evidentemente influenzato la performance del gruppo ma hanno anche dato slancio per un nuovo piano di aperture: almeno 50 nuovi locali entro il 2023 (in gestione diretta o in franchising) per arrivare nel 2022 a quota 500 milioni di ricavi e nel 2023 a 600 milioni.

Chef Express ha recuperato, nel 2021, 50 milioni di fatturato, si è comunque fermata a 212 milioni (con marginalità in rosso) a fronte dei 354 milioni del pre-pandemia. Per l’azienda di ristorazione del Gruppo Cremonini, il 2022 è iniziato in sordina per procedere poi in accelerazione, soprattutto dalla primavera. Obiettivo primario è quello di avvicinarsi quest’anno ai livelli del 2019 e tornare ai livelli pre-pandemici nel 2023, probabilmente anche superandoli.

Anche per RoadHouse il dato aggregato (tra gestione diretta e franchising) mostra un limitato recupero nel 2021, ma i 112 milioni di ricavi sono ben lontani dai 190 milioni del 2019. Ottima, invece, la reattività de La Piadineria (controllata da Permira) che, probabilmente grazie a un modello di business più flessibile e agli investimenti in piena pandemia, nel 2021 raggiunge il quarto posto in classifica con 89 milioni di fatturato e un’ottima marginalità (ebitda al 25%), avvicinandosi, pur non raggiungendola, alla performance 2019 di 98 milioni. Scivola, invece, in quinta posizione, nell’elaborazione curata dall’Ufficio Studi Pambianco, My Chef Ristorazione, probabilmente ancora penalizzata da alcune limitazioni nei viaggi. Se il 2020 aveva visto una caduta a 94 milioni di fatturato (-44% rispetto ai 169 milioni del 2019), il 2021 è ancora in contrazione con ricavi a 72 milioni (anche se con ebitda salita al 5%).

Concludendo, i numeri dimostrano che il 2022 sarà l’anno in cui si delineeranno scenari dove chi sarà stato in grado di reagire alla crisi e trovare nuovi stimoli, potrà rilanciare la propria attività e tornare a crescere. “Con un percorso di risalita più lento -osserva Alessio Candi, consulting e mergers & acquisitions director Pambianco - riprenderà anche il tema della concentrazione dei format. E per un mercato sempre più grande, i player sono ancora in evoluzione”. Uno scenario che vede anche il fine dining italiano meno dinamico rispetto ai competitor o ad altri contesti internazionali. “Abbiamo opportunità più grandi di quello che siamo oggi - aggiunge Candi - perché oggi, nonostante il know how e la tradizione, la dimensione media dei gruppi italiani è ancora molto piccola rispetto a format di altri paesi che arrivano a generare ricavi per centinaia di milioni. Ecco, in Italia finora nessuno è riuscito a scalare in ambito globale”.

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