Il mercato del vino italiano nel 2023, a detta di molti produttori sentiti in questi giorni da WineNews, tra grandi fiere come la ProWein a Dusseldorf, e non solo, non è partito male, dopo il record delle esportazioni in valore nel 2022 (ma a volumi stabili), ma neanche con il botto. Inflazione, effetti della guerra e perdita del potere di acquisto si fanno sentire, e, come emerso da tutti gli studi sul tema, il vino, ormai bene voluttuario per quanto identitario, per gli italiani, è tra quelli più a rischio di tagli. Ed a loro modo sembrano confermare queste sensazioni i dati del report Cantina Italia dell’Icqrf, su dati dei registri telematici del vino (con coprono almeno il 95% dei vini e mosti detenuti in Italia), secondo il quale, al 28 febbraio 2022, nelle cantine italiane erano a dimora 60,3 milioni di ettolitri di prodotto, il 5,1% in più sulla stessa data del 2022, a cui sommare 7 milioni di ettolitri di mosti e 244.000 ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione. Un dato da leggere, per altro, alla luce di una vendemmia 2022 sui 50 milioni di ettolitri, in linea con quella del 2021, secondo le stime di Assoenologi, Unione Italiana Vini (Uiv) e Ismea. Guardando ai dati, per il resto, arrivano solo conferme: oltre la metà del vino italiano è detenuto dalle Regioni del Nord, e dal Veneto in primis (con 15 milioni di ettolitri, di cui 5,6 di Prosecco Doc), con le prime 20 tra Dop e Igp sulle 526 totali che, da sole, assommano il 59% delle scorte totale. Che, per il 51,7%, è fatto da vini Dop, e per il 27,2% da vini Igp.
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