Stalle italiane sempre più vuote ma, allo stesso tempo, case in cui viviamo che non possono fare a meno della compagnia di un animale domestico. E’ la fotografia, di una parte del ricco e articolato mondo animale, scattata nella giornata di Sant’Antonio, patrono degli animali, ricorrenza particolarmente amata in Italia dove, non a caso, si moltiplicano eventi dedicati, dalle campagne alle città fino alle parrocchie. Quello forse più famoso è in Piazza San Pietro, a Roma, per la tradizionale benedizione di centinaia di specie arrivate da tutto il Belpaese, tra mucche, asini, pecore, capre, galline e conigli, a dare colore all’iniziativa dell’Associazione Italiana Allevatori (Aia) e della Coldiretti. Eppure ci sono anche cattive notizie, legate al mondo dell’allevamento, ad iniziare dal fatto che, negli ultimi dieci anni, ha chiuso una stalla italiana su cinque (20%) per l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, dei bassi prezzi pagati agli allevatori e dell’assedio degli animali selvatici. Un “verdetto” che emerge dal rapporto “La Fattoria Italia a rischio crack”, diffuso da Coldiretti e dall’Associazione Italiana Allevatori (Aia), sulla base di dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica.
Dal 2013 sono scomparsi quasi 90.000 allevamenti, di cui 46.000 stalle di mucche, 31.000 di maiali e 12.000 di pecore; e questo soprattutto in montagna e nelle aree interne, dove mancano ormai le condizioni economiche e sociali minime per gli allevatori. A questo si sommano i cambiamenti climatici che tagliano la produzione di mais e foraggi per gli animali, tra siccità e ondate di maltempo. Il venir meno della presenza degli agricoltori mette quindi a repentaglio le opere di manutenzione del territorio, rendendo più devastanti gli effetti del dissesto idrogeologico. Ma a rischio, denuncia la Coldiretti, è anche la biodiversità delle stalle italiane che Aia - Associazione Italiana Allevatori e Coldiretti “tutelano attraverso una grande banca dati sugli animali in pericolo”. Attraverso il progetto Leo, ad esempio, si stanno valorizzando 58 razze bovine per un totale di 3,13 milioni di animali, 46 ovine (oltre 52.800 animali) e 38 caprine (121.000 animali). L’allevamento italiano rappresenta il 35% dell’intera agricoltura, per una filiera che vale 40 miliardi di euro, occupando circa 800.000 persone. “Quando una stalla chiude si perde un intero sistema economico, fatto di animali, prati per il foraggio, formaggi e soprattutto di persone impegnate”, ha ricordato dalla piazza il presidente Coldiretti, Ettore Prandini.
Se le stalle hanno visto tempi migliori, continua in Italia il “fenomeno” degli animali domestici. Basti pensare che una casa su tre (33%) ospita animali da compagnia con cani, gatti, uccellini, tartarughe (ma anche specie più “insolite” come i rettili), per un giro d’affari legato alla “Pet Economy” oggi stimato in 3,5 miliardi di euro a livello nazionale (analisi Coldiretti, su dati Eurispes). Tutto ciò nonostante il 2023 abbia visto un calo della percentuale animali accuditi nelle case, tornata ai livelli del pre-pandemia dopo che l’effetto lockdown, legato al Covid, aveva fatto salire la presenza addirittura al 40%. Gli animali più diffusi sono i cani, ospiti nel 42% delle case ed i gatti nel 34%, largamente davanti a pesci, uccelli e tartarughe. Una presenza che ha ormai acquisito lo status di “uno di famiglia” come dimostra anche il fatto che il 13% di chi ha un animale ha preso in considerazione l’ipotesi di venir seppellito insieme, mentre uno su cinque (il 20%) ha addirittura pensato di destinargli una parte della propria eredità, secondo Eurispes.
“Il 62% di chi ospita animali domestici spende mensilmente tra i 30 e i 100 euro - evidenzia Coldiretti - e solo il 19% meno di 30 euro mensili, mentre il 15% di chi ha un animale gli dedica un budget che va dai 100 ai più di 300 euro al mese, secondo l’Eurispes. Ma c’è anche un 4% che sborsa più di 300 euro, una percentuale praticamente triplicata sull’anno precedente.
Sull’amore degli italiani per cani e gatti pesa però anche il business criminale legato al mercato nero che, fra allevamenti clandestini in Italia e arrivi illegali dall’estero, coinvolge oltre 400.000 cuccioli per un giro d’affari da 300 milioni di euro all’anno, secondo l’analisi Coldiretti su dati Osservatorio Agromafie”.
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