Mentre in Italia la produzione dei vini dealcolati è ancora ferma al palo, in attesa di una svolta che tarda ad arrivare, ma che prima o poi arriverà, come confermato recentemente dal Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, contrario comunque ad usare la parola “vino” per questa tipologia di prodotti, il mondo del vino continua a guardare con interesse ad un settore ancora di nicchia, ma con un potenziale di crescita significativo, e questo grazie in particolar modo alle nuove generazioni che, soprattutto in Usa, ma non solo, si stanno dimostrando sempre più sensibili alle bevande no/low alcohol. E se il mercato Nolo (no e low alcohol) vale già 1 miliardo di dollari in Usa, le stime Iwsr (International Wine & Spirits Research) parlano di una crescita del +5% in volume nel 2023 per un valore di oltre 13 miliardi di dollari nei 10 principali mercati al mondo (con il no alcol destinato a crescere del 7% tra il 2023 e il 2027).
Non sorprende, pertanto, che il no e low alcohol abbia trovato ampio spazio al Simei n. 30 (fino a domani a Fiera Milano Rho), l’evento di Unione Italiana Vini (Uiv) leader mondiale nelle macchine per l’enologia e le bevande, catturando gli sguardi degli addetti ai lavori, in particolare made in Usa, grazie alle tecnologie per la dealcolizzazione che sono quelle che stanno registrando maggior interesse. Perché se in Italia il vino dealcolato è ancora tabù, nella produzione dei macchinari ha un ruolo di primo piano assoluto. E se sulle definizioni un’uniformità internazionale non c’è, considerato che “negli States preferiamo chiamarli low sugar più che low alcohol”, ha sintetizzato Randy Ullom, enologo e vicepresidente del colosso californiano del vino Jackson Family Wines, tutti sembrano d’accordo che il futuro passerà anche da qui. I numeri comunicati dall’evento parlano di 70 buyer statunitensi in rappresentanza delle principali imprese del vino a stelle e strisce: da Constellation Brands a Francis Ford Coppola fino, appunto, a Jackson Family, un “gigante” con vigne negli Usa e in Canada, ma anche in Italia (con Tenuta di Arceno nel Chianti Classico, ndr), Francia, Sud Africa, Cile e Australia. Per David Crippen, director of winemaking di Bear Creek Winery, la sesta più grande azienda vinicola e vitivinicola a conduzione familiare degli Stati Uniti, a Simei proprio per studiare l’offerta di macchinari da dealcolazione, “quasi tutte le attrezzature che abbiamo in cantina sono italiane e il salto di qualità che hanno fatto i vini tricolori negli ultimi 40 anni è probabilmente correlato anche a queste tecnologie”.
Una tendenza produttiva Nolo che ha incontrato al Simei un “matching” con l’offerta made in Italy, Paese leader nelle tecnologie per il vino che vuole rimanere della partita, nonostante il divieto alla dealcolazione ancora in vigore. Tra le novità la presentazione ufficiale di “Libero”, un progetto per la produzione su larga scala di dealcolati attraverso un ciclo continuo che permette di togliere l’alcohol al vino. Omnia Technologies lo ha chiamato così perché “in grado di far gustare il vino senza vincoli”, e, dal gruppo italiano che conta 400 ingegneri e tecnici in 39 sedi produttive, hanno sottolineato come “riscontriamo un interesse senza precedenti, in particolare da Spagna, Grecia e Stati Uniti. Anche i produttori italiani esprimono curiosità, ma la loro condizione di stallo non gli permette di azzardarsi oltre”. E poi c’è Vason, da cinquant’anni nel campo dell’industria enologica, che ha trovato un ampio pubblico di interessati, dagli spagnoli agli argentini fino agli indiani: “il mercato c’è, in due anni l’interesse è lievitato - ha detto il presidente, Albano Vason - certo, sarebbe ben diverso se l’Italia potesse competere ad armi pari, in vigna e in cantina”. E a Milano si sono accese le luci su Mmr (Master Mind Remove), un macchinario pensato per la dealcolazione anche per cantine di piccole e medie dimensioni.
Dalla domanda all’offerta, fino alla produzione, al Simei il vino dealcolato è l’elefante nella stanza: “lo scorso anno - ha detto il consigliere delegato Mionetto (tra i brand più prestigiosi del Prosecco, ndr) Alessio del Savio - grazie alla controllante tedesca Henkel abbiamo prodotto e venduto 2 milioni di bottiglie di spumante, quest’anno abbiamo raddoppiato e siamo a 4 milioni. Tutte vendute, in particolare in Germania, negli Usa nei Paesi nordici e nell’Est Europa”.
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