02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)
UN PATRIMONIO CULTURALE

L’Old Vine Registry, il database dei “patriarchi della vite”, supera 4.000 segnalazioni da 39 Paesi

L’obbiettivo, spinto dalla risoluzione Oiv a promuovere e catalogare le vecchie viti, è quello di arrivare a 10.000 iscritti entro il 2027

Nel mondo, ed esattamente in ben 39 Paesi, ci sono 4.025 “patriarchi della vite”, le vecchie vigne ancora coltivate e custodite su 11.910 ettari, che rappresentano un patrimonio naturale e culturale, da studiare per il futuro del vino per la loro incredibile resilienza. Il più antico? È il vigneto di Versoaln, vitigno autoctono dell’Alto Adige coltivato su pergola, piantato all’incirca nel 1670 e ancora produttivo, nonostante la veneranda età di 355 anni, a Castel Katzenzungen a Prissiano dove fa parte dei “Giardini di Sissi” di Castel Trauttmansdorff. E che è il primo tra gli esemplari di viti secolari che hanno permesso all’Old Vine Registry, il primo database digitale, aperto al contributo di tutti, che raccoglie, cataloga e racconta i vigneti più vecchi del mondo, pre e, ovviamente, post fillossera, di raddoppiare gli iscritti, dal lancio nel 2023 quando ne contava 2.183, ad oggi. Ma anche di puntare all’obiettivo di registrare 10.000 vitigni storici entro il 2027. Anche perché, ha annunciato il wine writer Alder Yarrow, che quotidianamente si occupa della compilazione, “tutti i vigneti piantati nel 1990 hanno ora 35 anni e possono essere inseriti nel registro”.
L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) ha, infatti, recentemente adottato una risoluzione
per “promuovere e incoraggiare la catalogazione dei vecchi vigneti e delle vecchie viti” stabilendo la definizione ufficiale secondo la quale una vite è vecchia quando ha un’età di “almeno 35 anni o superiore”. Una risoluzione, aggiunge Yarrow, che “convalida ciò che stiamo facendo, e che rappresenta un invito per i produttori ed i territori di tutto il mondo a pubblicare informazioni sui loro vecchi vitigni”. E con l’Old Vine Registry che è alla ricerca anche di volontari per individuare i vecchi vigneti, nonché di donatori disposti a sostenere finanziariamente il progetto senza scopo di lucro.
Tra bellezza, storia, genetica e complessità dei vini che producono, il valore delle vecchie vigne è inestimabile, ed oggi i cosiddetti “patriarchi della vite” sono protagonisti di un importante rilancio, da parte delle cantine che ne sono le “custodi” in Italia e nel mondo - come WineNews ha raccontato in un video, raccogliendo le voci dei membri della “The Old Vines Conference”, movimento mondiale per valorizzare e salvaguardare i vitigni storici e diffonderne cultura e valori, che riunisce aziende di tutto il mondo (con tante italiane, da Marchesi Antinori a Castello di Albola-Zonin1821, dalla Tenuta San Leonardo a Tenuta Sette Ponti, da Feudi di San Gregorio ad Alta Mora-Cusumano, da G. D. Vajra a Zýmē, da Gini alle Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy, per citarne solo alcune) - perché rappresentano un patrimonio unico da conservare e da studiare per la loro resilienza, guardando al futuro, tra cambiamento climatico, viticoltura sostenibile e vini che siano sempre di più la massima espressione del loro territorio.
Il Belpaese, del resto vanta non solo il primato del vigneto ancora produttivo più antico al mondo, ma anche molti “patriarchi della vite” che hanno poco meno della sua età (molti dei quali sono stati censiti dalla storica rivista “Civiltà del Bere”, ndr): a Castel Katzenzungen un’altra vite di Versoaln, piantata attorno al 1673, avrebbe 352 anni secondo il Centro Sperimentazione di Laimburg che se ne occupa, mentre ne ha 250 ed è stata piantata all’incirca nel 1775 la Vigna Centenaria di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Grenache, prevalentemente, coltivati ad alberello in Contrada Feudo di Mezzo sull’Etna, che oggi si estende in poco più di un ettaro, di proprietà de I Custodi delle Vigne dell’Etna e da cui nasce l’Etna Rosso Doc; Etna dove, in Contrada Monte Ilice si trova il vigneto terrazzato di 180 anni di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio ad alberello, piantato attorno al 1845 e che oggi si estende su quasi tre ettari, di proprietà di Santa Maria La Nave che produce Etna Rosso Doc, mentre in Contrada Guardiola, Alta Mora - Cusumano custodisce lo storico vigneto terrazzato di tre ettari di Nerello Mascalese, Carricante e Nerello Cappuccio ad alberello, piantato nel 1865 e che vanta, dunque, ben 160 anni di età; in Irpinia hanno, rispettivamente, 195 anni il vigneto di Aglianico che si trova in Contrada Casale, oggi di poco più di un ettaro, da cui nasce il Taurasi Docg dell’azienda Joaquin di Raffaele Pagano, 182 anni il vigneto di Aglianico della Cantina del Taburno, che si stima sia stato piantato nel lontano 1843, e 153 anni il mitico vigneto di Aglianico pre-fillossera “Dal Re” custodito da Feudi di San Gregorio, piantato verso il 1872 e le cui viti si intrecciano “a tennecchia” - l’alberata di memoria etrusca - raggiungendo una lunghezza di 4-5 metri, su quattro ettari (e con la griffe che nel registro è presente anche con i vecchi vigneti “a raggiera” Fievo con Aglianico di oltre 60 anni, e Chianchetelle con Greco di Tufo di oltre 50 anni); e, ancora, nel Lazio, ha 185 anni il vigneto di Cariano di Raspato Nero, Cesanese e Reale Bianco, vitigni rarissimi piantati nel 1840 tra il Monte Cecubo e il Monte Falerno, dove i romani producevano il Falernum, ma dove la viticoltura esisteva già dal IV secolo a. C, e oggi di proprietà dell’azienda biodinamica Aurete nel Parco Naturale dei Monti Aurunci; infine, si risale in Valle d’Aosta, per ammirare l’antico vigneto di Prié Blanc di 175 anni di età, piantato verso il 1850 a Dailley, e la cui custode è oggi la Cave Mont Blanc de Morgex et La Salle.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli