Il Comité Champagne, l’organizzazione interprofessionale della filiera che rappresenta oltre 16.000 viticoltori e 350 Maison, ha fissato la resa commercializzabile per il 2025 a 9.000 kg per ettaro abbassandola ancora una volta, come già successo nel 2024 (quando la quota fu 10.000 kg/ha) e nel 2023 (11.400 kg/ha), come abbiamo riportato nei giorni scorsi. Ma la decisione - motivata dalla necessità di trovare nuove strategie a livello produttivo per riequilibrare il mercato - non è stata digerita dai Vignerons Indépendants de Champagne, la federazione che conta 400 viticoltori e operatori per 3.000 ettari di vigneti e 16 milioni di bottiglie all’anno. La presidente Christine Sévillano era stata chiara: “chiediamo per il 2025 una resa commercializzabile fissata a 10.500 kg per ettaro” (e perciò in linea con gli anni precedenti), aveva spiegato in un’intervista al magazine specializzato francese Vitisphere. Ma il suo auspicio è stato disatteso e la reazione di disappunto non si è fatta attendere (acuita anche dalle difficoltà finanziarie della federazione degli ultimi anni e dovuta alle scarse vendemmie del 2021 e 2024, l’aumento dei tassi d’interesse, la minaccia della flavescenza dorata e l’impatto del cambiamento climatico): “al di sotto dei 9.500 kg/ha, alcune delle nostre strutture avranno difficoltà a reggere”, ha detto Sèvillano, aggiungendo anche che la decisione del Comitè Champagne “si basa esclusivamente sul parametro delle scorte di bottiglie” e che quindi “manca di visione strategica, di ottimismo” e “non rappresenta lo spirito collettivo”. La scelta appare ancora più discutibile - spiega la federazione in una nota - se si pensa che solo pochi mesi fa numerosi grandi operatori giustificavano forti aumenti di prezzo parlando di inflazione e della rarità dello Champagne. Tale rarità, però, è legata proprio alla resa decisa annualmente: un meccanismo ormai superato perché basato solo sulle scorte, senza tener conto dell’immagine del prodotto, né di strategie commerciali. E se tra 2-3 anni il mercato si riprendesse, quando quelle bottiglie arriveranno sul mercato, i consumatori accetteranno ancora aumenti di prezzo legati alla scarsità? La decisione - dicono - è rischiosa sia nel breve che nel lungo termine, anche per la percezione del consumatore.
Il consiglio direttivo dei Vignerons Indipendenti aveva inoltre proposto anche un abbassamento del prezzo dell’uva per mantenere rese elevate, non perché “si proponga ai viticoltori di comprare uva - sottolinea Sèvillano - ma per permettere loro di produrre in base alla loro capacità commerciale. Dobbiamo trovare una soluzione in fretta. Il Comitè Champagne sta forse tracciando un percorso di riduzione delle scorte in cui potremmo avere ulteriori rese di 9.000 kg/ha anche nei prossimi anni?”.
Ribadita infine la necessità di evitare strumenti speculativi come vendite di vino sfuso o superamenti della resa autorizzata, da bloccare con misure amministrative, e la richiesta di un sostegno statale per compensare gli effetti degli accordi commerciali che hanno rallentato il mercato dello Champagne. Idea inoltrata al Comitè Champagne, ma dal quale - riferiscono i Vignerons Indipendenti - non è ancora giunta nessuna risposta.
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