Accelera l’enoturismo in Italia, con l’aumento nel numero e nelle tipologie delle esperienze offerte; e il ruolo delle donne risulta determinante, sia nel ruolo di produttrici che di appassionate viaggiatrici. Ma il comparto rappresenta anche un volano strategico per l’occupazione, in particolare quella dei giovani. È questo lo stato dell’arte del turismo del vino in Italia, fotografato dall’indagine a cura di Nomisma-Wine Monitor per Movimento Turismo del Vino, Città del Vino, Donne del Vino e La Puglia in Più. Presentata oggi a “Vinitaly 2023”, va a costituire il Rapporto n.19 dell’Osservatorio Nazionale del Turismo del Vino.
Il Ministro del Turismo Daniela Santanchè, ospite del convegno, ha sottolineato l’importanza del settore, in particolare per le sue potenzialità dal punto di vista dell’occupazione. “In questo momento tutti parlano di lavoro - ha dichiarato il Ministro - ma se è ovvio che il Governo debba aiutare chi non è occupabile, è altrettanto evidente la necessità di sostenere e incentivare le imprese che creano lavoro. Nel settore del turismo ci sono due criticità su cui stiamo lavorando: in primo luogo la formazione - occorre investire sempre più su scuole di eccellenza - poi l’aspetto economico: serve una politica per incentivare i giovani a lavorare quando gli altri sono in vacanza, nei weekend e nelle festività. Questo si può fare appunto attraverso strumenti di ricompensa economica, sui quali stiamo ragionando insieme al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone: chi lavora nei giorni festivi deve essere pagato di più”. Parlando in generale del turismo made in Italy - “siamo un Paese incredibile, amato in tutto il mondo, dobbiamo esserne orgogliosi e consapevoli” - il Ministro Santanchè ha anche ribadito l’importanza della destagionalizzazione (“anche per stabilizzare i lavoratori, non si può pensare di pagarli solo 6 mesi all’anno”) e del digitale, sul quale il Ministero sta facendo un importante lavoro attraverso il restyling del sito Italia.it.
“Sono convinta che il settore del turismo possa diventare un “ascensore sociale”, dando prospettiva e speranza a tanti giovani” ha concluso la Santanchè..
L’indagine, diretta da Denis Pantini e realizzata da Roberta Gabrielli e Paola Piccioni, ha coinvolto un campione di 265 cantine aderenti al Movimento Turismo Vino e all’Associazione Donne del Vino localizzate sul territorio nazionale, 145 Comuni e 20 delegati nazionali e coordinatori delle Città del Vino. Fondamentale il ruolo delle donne: benché le cantine turistiche italiane siano dirette soprattutto da uomini (55%), il management della wine hospitality è soprattutto femminile (73%). La wine hospitality delle Donne del Vino si differenzia per una maggiore diversificazione dell’offerta: non solo vino, ma anche attività legate al benessere, alla ristorazione (28%) e ai corsi di cucina (40%), alla ricettività (36%), allo sport (piscine 15%) e all’organizzazione di visite a luoghi limitrofi o di collegamento a eventi culturali (50%). In altre parole, le donne stanno efficacemente trasformando l’attrattiva vino in una proposta di soggiorno di uno o più giorni con attività legate all’arricchimento culturale e alla rigenerazione che ha origine nella natura. “Una proposta di turismo pensata come un’esperienza culturale attiva e coinvolgente - dicono Donatella Cinelli Colombini, che 30 anni fa creò Cantine aperte e il Movimento Turismo del Vino e la presidente delle Donne del Vino, Daniela Mastroberardino - Ora dobbiamo puntare a formare addetti sempre più competenti e preparati all’accoglienza: un visitatore soddisfatto diventa un autorevole brand ambassador di territorio e prodotto”.
La tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia è quella piccola e familiare (39%) che appare particolarmente presente in Campania, Puglia e Umbria. Seguono le cantine con rilevanza storica o architettonica (14%) che hanno le percentuali più alte in Veneto e in Piemonte. Le imprese con marchio famoso o storico sono il 12% del totale e sono particolarmente diffuse in Veneto e Sicilia.
Piemonte, Toscana, Friuli e Sicilia si caratterizzano per imprese del vino con particolari bellezze paesaggistiche e naturalistiche (11%), mentre in Puglia e in Umbria è più alta la quota di cantine ben organizzate per l’incoming.
“Siamo molto soddisfatti - sottolinea Nicola D’Auria, presidente nazionale Movimento Turismo del Vino della crescita dei servizi enoturistici avvenuta negli ultimi 10 anni. E speriamo che tutte le cantine del Movimento, comprese quelle lontane da itinerari e flussi turistici consolidati, criticità emersa in modo chiaro dalla ricerca, possano contribuire a risvegliare e coinvolgere i diversi territori. Ma un dato emerge in modo chiaro e incontrovertibile: se prima il turismo del vino viaggiava spedito, ora corre velocissimo”.
Ma l’indagine evidenzia anche elementi critici: il 44% delle cantine sono lontane dai circuiti turistici o enoturistici, problema particolarmente evidente in Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania. Inoltre, la metà delle cantine chiude al pubblico nel fine settimana e nei giorni festivi. Chiusura che riguarda anche molti uffici turistici, costituendo un serio problema rispetto ai flussi dei visitatori che sono invece concentrati nei giorni di festa. “Essere Città del Vino rappresenta sempre più un valore aggiunto - sottolinea il presidente di Città del Vino, Angelo Radica - proprio per una maggiore consapevolezza che hanno gli amministratori locali delle buone pratiche da promuovere in favore dello sviluppo del turismo del vino; il rapporto ci conferma che chi amministra una Città del Vino matura nel tempo una maggiore sensibilità e capacità di intervento e programmazione».
Per i 145 sindaci intervistati, infatti, essere Città del Vino significa promuovere e valorizzare il vino e la sua cultura (per il 76%); essere all’interno di una rete, di un progetto condiviso per poter creare strategie di marketing turistico (65%); avere una capacità di raccontare e di creare occasioni di promozione del territorio, dei suoi prodotti e delle sue aziende (48%).
Dario Stefàno, docente di Economia delle imprese turistiche all’Università Lumsa e di Enoturismo alla Luiss Business School, a cui si deve il riconoscimento normativo sulle cantine turistiche del dicembre 2017, dichiara: “Riempie di soddisfazione constatare come l’introduzione di una normativa agile ma puntuale abbia messo le ali agli investimenti nelle cantine turistiche italiane che, negli ultimi 10 anni, hanno raddoppiato e in certi casi triplicato l’offerta di esperienze prevedendo intrattenimento, pasti, pernottamenti, serate a tema, esperienze legate al vino, allo sport e alla cultura”.
Il Rapporto evidenzia anche gli ambiti in cui i Comuni possono migliorare per favorire l’enoturismo: potenziamento degli uffici di informazione turistica e loro apertura nei giorni festivi; sostegno alla formazione del personale anche per gli uffici pubblici in materia enoturistica; dotazione di strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale; maggiore condivisione delle collaborazioni e fare sempre più rete.
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