La Gran Bretagna è ancora dentro la Ue, ma le trattative per l’uscita di Londra dall’Unione sono ancora vive: Londra, infatti, ha ottenuto solo una proroga fino al 31 ottobre, data entro la quale si dovrà dare attuazione all’articolo 50, e trovare un accordo con Bruxelles per dirsi addio, a meno di un clamoroso e difficile passo indietro. Tempo, questo, da usare al meglio, specie per ridiscutere e salvaguardare rapporti commerciali storicizzati e fondamentali, come quelli che legano i grandi produttori enoici del Vecchio Continente al mercato britannico. Come ricordano i dati della Aawe - America Association of Wine Economics, la Francia nel 2017 ha esportato 1,29 miliardi di dollari di vino in Gran Bretagna, il 12,6% di tutte le sue spedizioni, l’Italia 915 milioni di dollari, pari ad una quota del 13,5%, la Spagna 354 milioni di dollari, il 10,9% del suo export complessivo. È chiaro quanto per la tenuta del settore trovare in fretta la quadra sia fondamentale, anche perché fuori dall’Europa ci sono produttori ancor più “Britain oriented”, pronti a sfruttare eventuali falle. L’Australia ha esportato in Uk 274 milioni di dollari di vino, il 13,6% del suo export, proprio come la Nuova Zelanda, che a Londra ha il 22,9% del suo mercato, ma fanno bene anche gli Usa, con 220 milioni di dollari (14,9%) ed il Sudafrica, con 118 milioni di dollari, ossia il 16,6% delle sue spedizioni.
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