Gli effetti negativi del cambiamento climatico mondiale, che impattano pesantemente anche sulla produzione di vino, potrebbero essere contrastati grazie ad antiche varietà di uva sopravvissute per secoli nel deserto del Negev, in Israele: lo affermano i ricercatori dell’Università di Haifa, che studiano anche le pratiche agronomiche che hanno supportato la loro longevità.
Le viti sono particolarmente sensibili alle variazioni climatiche: hanno bisogno di luce solare costante per la maturazione degli zuccheri, acqua sufficiente per lo sviluppo dell’acidità e molta esposizione al sole per migliorare i tannini che contribuiscono al gusto e alla consistenza del vino. Anche una piccola interruzione può influire negativamente sulla qualità e sulla resa: se alcune delle previsioni più allarmanti sull’aumento della temperatura globale si rivelassero corrette, gran parte del mondo della vinificazione dovrà ripensare radicalmente il proprio modo di operare.
Ma i ricercatori della “School of Archaeology and Maritime Cultures” dell’Università di Haifa, in Israele, sono convinti di resistere reintroducendo varietà antiche di uva che hanno resistito alla prova del tempo e alle condizioni aride del Negev. Sono infatti riusciti a far rivivere una serie di cultivar diffuse da antichi coltivatori per molti secoli, e hanno studiato i metodi che questi viticoltori utilizzavano per affrontare le sfide di un ambiente ostile. La speranza è che queste ricerche possano essere applicate a tutte le regioni vitivinicole del Mediterraneo. “Le nostre scoperte suggeriscono che far rivivere e incorporare cultivar storiche, insieme alle pratiche agronomiche che hanno supportato la loro crescita, può migliorare significativamente la resilienza dei vigneti di fronte al cambiamento climatico”, ha affermato il professor Joshua Schmidt, responsabile della ricerca.
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