Più che il danno economico diretto, che sarebbe quasi trascurabile, visto che il mercato d’Irlanda per il vino italiano ha rappresentato 40 milioni di euro su 7 miliardi di export totale (con il Belpaese che vale quasi il 10% del vino importato nel Paese in volume), la filiera del vino italiano teme quello indiretto, se il Governo irlandese arriverà fino in fondo, come ha tutta intenzione di fare, inserendo gli “health warning” su tutte le etichette degli alcolici, con il rischio che poi altri Paesi europei e non solo seguano questa strada, con possibili ripercussioni tanto sui consumi, quanto sulla normativa legata a finanziamenti, promozione e così via. Fatto sta che, dopo la presentazione in sede di Wto della bozza di regolamento in materia da parte del Governo irlandese, sul fronte italiano, non si sono fatte attendere le reazioni.
Il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare la butta sull’ironia (sarà il periodo di Carnevale), con tanto di foto sui social, con l’etichetta che fa il verso agli “health warning”: “il vino nuoce gravemente alla salute di chi non lo beve”, ha “cinguettato” su Twitter il Ministro, sottolineando che “proporrò all’Irlanda una mediazione che può aiutarli a rendere più chiara la loro etichetta e sopratutto garantire corretta informazione. Eccessi e abusi vanno combattuti, ma un uso moderato garantisce, come la la scienza afferma, benessere. #sdrammatizziamo #difendiamolaqualità”.
Secondo Coldiretti, ancora, “il blitz irlandese sulle etichette allarmistiche sul vino va fermato per difendere un prodotto simbolo del nostro Paese che è anche il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato e dà lavoro dal campo alla tavola a 1,3 milioni di persone”, dice l’organizzazione guidata da Ettore Prandini. Dal canto suo, la Federvini, ricordando che “da oggi scattano i 90 giorni entro i quali qualsiasi Paese membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio può presentare pareri contrari”, invoca la creazione di una “coalizione di Paesi contro ogni discriminazione delle bevande alcoliche”. “Ora è il momento che i partner internazionali a livello di Omc (o Wto) sollevino le loro preoccupazioni in merito alla proposta irlandese, che rappresenta un chiaro ostacolo al commercio internazionale. L’Irlanda li ascolterà o rimarrà sorda come ha fatto con i commenti dei partner dell’Ue? Facciamo un appello al Governo italiano: dopo avere guidato la battaglia in Europa invitiamo il Governo Meloni a fare altrettanto al livello di Omc, creando una coalizione di Paesi a sostegno delle nostre posizioni”, ha detto la presidente Federvini, Micaela Pallini, rimarcando che “la proposta irlandese è basata su un approccio demonizzante delle bevande alcoliche, con indicazioni sanitarie che non distinguono tra consumo moderato e abuso. Non a caso questa proposta, presentata alla Commissione Europea nei mesi scorsi, ha ricevuto il parere contrario di ben 13 Stati Membri - Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna. “Purtroppo - continua Pallini - l’immobilismo della Commissione Europea ha, di fatto, creato un via libera alla normativa irlandese che oggi, come ultimo ostacolo, deve superare solo le eventuali riserve dell’organizzazione che gestisce il commercio mondiale. L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola della bozza notificata all’Omc, nonostante la forte contrarietà di molti Paesi. A questo punto nutriamo forti dubbi sulla volontà della Commissione, e in assenza di un’azione concreta, si può fare ben poco. Crediamo che solo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sia in grado di difendere l’Unione Europea in questa fase”, ha concluso Pallini, ribadendo la posizione del Ceev, di cui Federvini (così come Unione Italiana Vini - Uiv).
A dire la sua anche il vicepresidente del Senato della Repubblica ed ex Ministro delle Politiche Agricole, Gianmarco Centinaio: “l’Irlanda ha fatto il suo passo, ora tocca a noi. Dopo che il Governo di Dublino ha presentato all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) le sue etichette allarmistiche, i Paesi che hanno già dichiarato la propria contrarietà devono fare fronte comune e presentare formale opposizione in quella sede entro i tre mesi previsti. A guidare questa coalizione non può che essere l’Italia. Dispiace dover constatare che ancora una volta l’Europa non si sia dimostrata capace di difendere i propri prodotti di qualità e perfino il libero mercato interno, che l’Irlanda per sua stessa ammissione violerebbe con queste etichette. Non possiamo accettare questa concorrenza sleale nei confronti dei nostri produttori di vino, sarebbe un precedente molto preoccupante. Di fronte all’ignavia del silenzio-assenso di Bruxelles, non rimane che proseguire la nostra battaglia anche su altri tavoli, senza abbandonare comunque quello europeo”, conclude Centinaio. Ed in effetti, “ora la battaglia si sposta a Ginevra (sede del Wto, ndr)dove dovremo trovare alleati a livello internazionale, a partire dagli Stati Uniti”, ha detto, dal canto suo, Paolo De Castro, membro del Partito Democratico della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale dell’Europarlamento. “Per questo - prosegue De Castro - siamo in contatto con la missione statunitense a Bruxelles, affinché anche Washington possa sollevare osservazioni in sede Omc. Non ci diamo per vinti e continueremo a lavorare per contrastare una norma non solo sbagliata e discriminatoria nei confronti di migliaia di produttori d’eccellenza italiani ed europei, ma che rappresenta anche una barriera commerciale anche a livello internazionale”.
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