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IL MATTINO

Brunello e Chianti, rischio estinzione ... Effetto serra e modifica dei ritmi stagionali minacciano i preziosi vitigni toscani... Chi ha in cantina una bottiglia di Brunello d’annata è bene che non la stappi. Entro qualche decennio, infatti, il celebre vino toscano potrebbe non esistere più. E allora quella bottiglia varrebbe davvero un patrimonio. La colpa, è ancora una volta del clima che sta cambiando. Secondo uno studio realizzato lo scorso anno dall’Università di Firenze e rilanciato dall’agenzia Winenews, infatti, l’impatto del riscaldamento globale sulla produzione di vino in Italia potrebbe essere davvero significativo.
«Le previsioni degli scienziati a livello mondiale - ha spiegato Giampiero Maracchi, direttore del centro di biometeorologia del Cnr di Firenze, tra gli autori della ricerca - sono ormai concordi e dicono che entro la fine del secolo ci sarà un aumento di almeno 4 gradi della temperatura del pianeta. Se questo è lo scenario reale gli effetti saranno considerevoli e il destino del Brunello diventerebbe secondario. Ma già oggi stiamo assistendo a piccoli mutamenti che possono avere un impatto sulla produzione agricola. Non solo per il vino, ma per tutti i prodotti pregiati». Una delle preoccupazioni principali per gli scienziati è la riduzione delle piogge. «Se le precipitazioni si riducono - ha aggiunto Maracchi - le piante soffrono e si apre lo spazio per una serie di parassiti che possono danneggiare seriamente il raccolto». La conseguenza è che le aree dove sarà possibile coltivare si ridurranno considerevolmente. «Secondo le nostre stime - ha spiegato Riccardo Valentini, del Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici di Lecce - solo per quanto riguarda la Sardegna, entro la fine del secolo il totale della terra coltivabile destinato alla vite passerà dall’attuale 85% al 38%». Se questo fosse vero, e sono tanti ormai gli scienziati a ritenerlo probabile, dovremo dire addio allora anche al Cannonau e al Nepente, il vino tipico dell’isola ottenuto da vitigni vecchi di tremila anni. «Le variabili climatiche - ha spiegato Maracchi - incidono però solo in parte sulla produzione del vino e con tecniche adeguate e interventi specifici gli effetti del riscaldamento globale potranno essere mitigati e potremo continuare a bere il vino a cui siamo più legati».

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