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ATTUALITÀ

Informare e non imporre: cosa deve fare un’etichetta nutrizionale per favorire la scelta migliore

La posizione di alcuni scienziati italiani e spagnoli: “fornire informazioni ai consumatori su ciò che costituisce un’alimentazione sana”
ALIMENTAZIONE, EDUCAZIONE ALIMENTARE, ETICHETTA NUTRIZIONALE, NUTRISCORE, RICERCA, SCIENZIATI, Non Solo Vino
Etichetta nutriscore, fuorviante secondo molti scienziati

Ormai il tema delle etichette nutrizionali sui prodotti è tra i più discussi e divisivi con fazioni che si trovano d’accordo nell’utilizzarla e chi, invece, spinge per il veto. Ma il “nodo” sta anche nel “cosa” mettere nell’etichetta per dare un valore aggiunto alle informazioni senza creare allarmismi nella platea dei consumatori. Ad arricchire il dibattito arriva un contributo da parte di alcuni scienziati italiani e spagnoli che hanno stilato un decalogo di principi che un’etichetta nutrizionale front-of-pack dovrebbe avere per creare una base comune e aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli verso diete più salutari. L’accordo fra i ricercatori dei due Paesi è stato siglato nell’incontro “Principles for the definition of front-of-pack nutritional labels (FOPNLs). Italian & Spanish researchers workshop”, tenutosi all’Università Sapienza di Roma e organizzato dall’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione del Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università Sapienza e dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (Cnbbsv) della Presidenza del Consiglio.
I principi per la definizione dell’etichetta individuati dagli scienziati italiani e spagnoli sono fondati, spiega una nota, “su un approccio di tipo informativo in conformità con le linee guida della Commissione europea, volte a incentivare i consumatori ad adottare un’alimentazione sana per contrastare l’elevata incidenza/prevalenza di malattie cronico-degenerative non trasmissibili. Si tratta di una logica che non è basata sull’imposizione di una regola, ma sulla comprensione della stessa”. Un’etichetta front-of-pack informativa per sviluppare informazione, educazione e capacità di giudizio. Il vantaggio “è quello di favorire un empowerment del consumatore che può essere messo in condizione di capire come organizzare la propria alimentazione in modo efficace. Fornire informazioni ai consumatori su ciò che costituisce un’alimentazione sana, infatti, può influenzare positivamente le abitudini alimentari”
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Per i ricercatori italiani e spagnoli i Fopnl informativi hanno il vantaggio di situare le informazioni sull’etichetta in un contesto dietetico più ampio di assunzione giornaliera, aprendo, così, una prospettiva nutrizionale più completa sull’equilibrio generale. In quest’ottica questi strumenti dovrebbero quindi aiutare i consumatori a fare le scelte migliori, includendo tutti gli alimenti nella loro dieta, nelle quantità adeguate, al fine di evitarne il consumo eccessivo ma anche sottolineare positivamente l’importanza di modelli alimentari che abbiano una comprovata salubrità, valorizzando le tradizioni alimentari, le abitudini e gli aspetti socio-culturali dei territori locali. L’obiettivo è promuovere la corretta combinazione di vari alimenti al fine di selezionarli in base alle specifiche esigenze individuali.
Gli scienziati italiani e spagnoli sostengono che i limiti delle etichette di tipo direttivo sono molteplici ad iniziare dall’arbitrarietà dell’algoritmo: i sistemi “direttivi” (e in particolare il Nutriscore) spesso valutano il valore nutritivo degli alimenti attraverso algoritmi arbitrari o non ben definiti. Inoltre contengono uno standard di riferimento non reale basandosi su una quantità standard di cibo (100g o 100ml) quasi mai corrispondente alle porzioni abitualmente consumate. E poi c’è la limitatezza dell’algoritmo, il risultato finale (colore o lettera) è la combinazione (non nota) di diverse informazioni. Ed ancora, la perdita di informazioni soprattutto per le categorie di consumatori più fragili; la limitatezza dei parametri considerati con prevalenza di quelli ritenuti negativi e il basso potenziale educativo: le indicazioni portano a non consumare un determinato alimento piuttosto che ad acquisire un comportamento alimentare “corretto”. Ci sarebbe poi una diminuzione dell’efficacia nel tempo di messaggi “negativi” e l’effetto “alone” con sovrastima dell’effetto positivo di alimenti etichettati “verdi” e, infine, un approccio semplicistico che basa il ragionamento su alimenti da consumare o da evitare e non è in grado di promuovere modelli alimentari per i quali abbiamo un’evidenza di efficacia nella prevenzione delle malattie cronico-degenerative e una mancanza di evidenze scientifiche sulla reale efficacia: le evidenze attuali mostrano un effetto sul “consumo” di alcuni alimenti, ma non sull’impatto che hanno sulla “salute” dei consumatori.
Lorenzo Maria Donini, professore di Scienza dell’Alimentazione all’Università Sapienza di Roma, spiega che “un comportamento alimentare sano e sostenibile in grado di promuovere e migliorare lo stato di salute dell’individuo e del pianeta passa attraverso un’informazione scientificamente corretta, ma semplice da recepire, che renda il consumatore attore responsabile“. Secondo Michele Carruba, direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità dell’Università degli Studi di Milano, “nessun sistema sanitario potrà far fronte all’incremento dei problemi di salute come ad esempio l’obesità se non si interviene preventivamente. L’educazione alimentare e lo stile di vita risultano determinanti. Agire su questi due aspetti, a partire dall’infanzia, è molto importante per aiutare le persone. Una di queste risposte può essere l’etichettatura dei prodotti alimentari per rilevare l’impatto sulla salute di determinati alimenti. L’obiettivo è mettere in condizione le persone di decidere cosa sia opportuno o meno mangiare”.
All’incontro, tra gli altri, hanno preso parte Andrea Lenzi, Eleonora Poggiogalle, membri del Comitato Scientifico; Luca Muzzioli, Francesco Frigerio, membri del Comitato Organizzativo; Maira Bes-Rastrollo, Università di Navarra; Ramon Estruch, Università di Barcellona; Andrea Ghiselli, Crea Research Center; Rosa Maria Lamuela Raventos, Università di Barcellona; Ascensión Marcos, Ictan (Instituto de Ciencia y Tecnología de Alimentos y Nutrición, ndr); Miguel Ángel Martínez-González, Università di Navarra; J.Alfredo Martinez, Imdea NutriHealth, UVa Valladolid; Daniela Martini, Università degli Studi di Milano; Enzo Nisoli, Università degli Studi di Milano; Gabriele Riccardi, Università Federico II, Napoli; Laura Rossi, Crea Research Center; Marco Silano, Istituto Superiore di Sanità; Francesco Visioli, Università degli Studi di Padova.

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