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LA CURIOSITÀ

Investire bene in fine wines è sempre più difficile: le etichette su cui farlo, secondo WineCap

Ciacci Piccolomini d’Aragona, Le Macchiole, Gaja, Sassicaia, Masseto e Cascina Fontana tra i nomi in crescita e su cui puntare ancora
COLLEZIONISMO, FINE WINES, INVESTIMENTI, WINECAP, Mondo
Investire in fine wines è sempre più difficile: le etichette su cui farlo, secondo WineCap

Se è vero che, come scriviamo da tempo, investire in fine wines in questa fase storica, in generale, è diventato piuttosto complesso e non garantisce più i “guadagni facili” di qualche anno fa, è pur vero che, nel contesto generale negativo, delle singole etichette che stanno crescendo e sulle quali investire ancora ci sono sempre, se selezionate con la giusta expertise. A suggerirle è WineCap, il portale specializzato (che ha già stilato la lista dei top performer della prima metà 2025, tra cui il il Soldera Case Basse 2018, nome di culto della Montalcino del vino) che ha evidenziato i vini più promettenti per chi vuol differenziare i propri investimenti.
Tra nomi di Bordeaux come Les Carmes Haut Brion, o di Borgogna come Domaine Michel Lafarge, Domaine de la Vougeraie e Samuel Billaud, o ancora della Champagne come le cuvées prestige di nomi come Dom Pérignon, Krug e Cristal, soprattutto con annate dalla 2008 alla 2014, e, ancora, bottiglie come Le Mesnil di Salon e Comtes de Champagne di Taittinger delle annate dalla 2008 alla 2012, tra gli altri, ma anche tra le grandi firme dell’Italia. E se tra le “blue chips” del vino italiano non possono mancare i grandi nomi di Bolgheri, come il Sassicaia della Tenuta San Guido, Ornellaia e Masseto del gruppo Frescobaldi, secondo WineCap tra i recenti “high flyer” dal Belpaese ci sono etichette come il Brunello di Montalcino Pianrosso Santa Caterina d’Oro Riserva, perla della cantina Ciacci Piccolomini d’Aragona, guidata dalla famiglia Bianchini, uno dei riferimenti storici e qualitativi del territorio, che si è apprezzato del +21% in media nell’arco dei 12 mesi (e del +86% in 10 anni), ma anche lo Scrio, una delle etichette di punta de Le Macchiole, la cantina bolgherese guidata da Cinzia Merli, che ha visto crescere le quotazioni dell’etichetta del +29% in 12 mesi (e del 107% in 10 anni). Ovviamente non mancano anche i classici piemontesi, tra cui, per WineCap, Gaja, nome tra i più celebri per i suoi Barbaresco e Barolo, ma, in questo caso, segnalato per uno dei suoi famosi bianchi, il Rossj-Bass, che ha fatto +28% in un anno e +128% in un decennio, e, ancora, il Barolo di Cascina Fontana a +29% in 12 mesi e +129% in dieci anni. Quindi, dalla Valpolicella, segnala WineCap, l’Amarone della piccola cantina Marion, a +21% nell’arco di un anno, e +43% in cinque anni.
Vini, questi, come altri suggeriti, che rispondono a criteri come la rarità, la qualità “certificata” dalla critica, la richiesta, anche di vecchie annate, la forza del brand, il potenziale di invecchiamento e così via.

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