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ISTITUTO NAZIONALE GRAPPA: “IL DISEGNO DI LEGGE CHE LIBERALIZZA LA PRODUZIONE DI GRAPPA NON PREVEDE CONTROLLI E PORTA DANNI ALL’IMMAGINE DEI PROFESSIONISTI, OLTRE AD UNA SORTA DI LEGALIZZAZIONE DELL’EVASIONE FISCALE”

Il disegno di legge che liberalizza la produzione di grappa e acquavite, che tanto sta a cuore alla Lega Nord e che consentirebbe a chiunque la produzione, in proprio, di grappa destinata all’autoconsumo o a degustazioni occasionali, non trova d’accordo i membri dell’Istituto Nazionale Grappa, organismo che rappresenta l’80% dei produttori italiani.

Oggi distillare in casa è vietato per motivi sia fiscali che sanitari. La grappa “clandestina”, infatti, evade la tassa di otto euro al litro obbligatoria per i produttori industriali e, soprattutto, non è sicura come quella industriale. L’antico adagio per cui bisogna tagliare la testa e la coda del distillato richiede una certa perizia altrimenti in bottiglia finisce anche un po’ di metanolo, capace addirittura di uccidere. Divieto assoluto, dunque. Ma solo in teoria. La grappa fai da te resta una pratica molto comune in tutta Italia ma soprattutto al Nord.

L’Istituto Nazionale Grappa obbietta a questo provvedimento, anche il fatto che già esistono norme e regolamenti sulle micro-produzioni, e si tratterebbe, quindi, di una sovrapposizione con conseguenze pericolose, anche per i consumatori.

“I produttori - dichiara Cesare Mazzetti, presidente dell’Istituto Nazionale Grappa - fino dalle prime fasi hanno accolto con grande scetticismo il disegno di legge che di fatto renderebbe possibile la produzione fai-da-te di grappa, e ciò a prescindere dal mero interesse corporativo. Vi sono considerazioni relative agli aspetti sanitari, a quelli qualitativi (l’Unione Europea ha appena riconosciuto lo status di Indicazione Geografica alla grappa e vi sono rigide regole produttive da rispettare) e infine a quelli fiscali. Le variazioni introdotte al testo originario sembrano in parte affrontare il primo aspetto, anche se una autorizzazione sanitaria iniziale non garantisce certo la salubrità di ogni partita: la grappa, come altri distillati, deve infatti essere distillata professionalmente per eliminare il rischio che contenga alte dosi di alcol metilico, dannosissimo per la salute umana. Per garantire l’assenza di questo ed altri componenti, tutti i distillatori sono obbligati a sottoporre ogni singola partita ad analisi presso i Laboratori delle Dogane. Ciò non è previsto nel testo di legge presentato in discussione, e restano quindi enormi perplessità su come farà lo Stato a garantire ai consumatori la sicurezza delle grappe casalinghe, cioè prodotte da agriturismi, aziende agricole e altri produttori estemporanei”.

Vi è poi il tema della qualità: senza controlli, come si potrà permettere che produttori fai-da-te possano utilizzare l’Indicazione Geografica di Grappa, protetta dalla Comunità Europea, per una bevanda della quale non è dato nemmeno di sapere come sia stata prodotta? “La bevanda alcolica che tale disegno di legge si propone di proteggere non può essere chiamata “grappa” per nessuna ragione, ed anzi forti sono i rischi di lasciare campo aperto alle sofisticazioni a chi vorrà trarre un indebito vantaggio, sfruttando le ampie maglie di questo provvedimento. Il rischio è quello di mettere a repentaglio, per poche partite di liquido imbevibile e maleodorante, la reputazione di una intera produzione tipica Italiana, e di un prodotto, la Grappa, che viene giustamente definito come la nostra acquavite di bandiera. E non ci si venga a dire che ciò viene fatto per proteggere tradizioni locali - continua il presidente - che altrimenti andrebbero perdute: nella realtà le tradizioni locali sono tramandate, spesso da secoli e certamente da generazioni, dalle famiglie degli artigiani che oggi conducono la maggior parte delle distillerie di grappa operanti in Italia: non si pensi ai grappaioli come industriali, magari alla guida di grandi e complesse aziende, oltre l’ottanta per cento dei produttori infatti è dislocato nel settore subalpino italiano, e la loro produzione ha i caratteri e le dimensioni di vera, tradizionale artigianalità. Ma tutti posseggono le loro regolari autorizzazioni, e sottopongono il prodotto ai previsti controlli, pagando le dovute accise”.

Coloro i quali distillano clandestinamente, che questo disegno di legge vorrebbe regolarizzare, sono oggi operatori che in realtà hanno operato, e operano illegittimamente, e in effetti non ci sembra che premiare questi individui, permettendo loro una produzione “senza controlli”, sia davvero una buona idea. E non è buona nemmeno sotto il profilo fiscale: non si vede infatti come si possano esentare questi produttori dal corrispondere gli 8 euro di accisa che graverebbero su ogni litro di grappa; viene detto che si tratta di pochi litri e destinati ad omaggi, ma 50 litri anidri, quindi mediamente 250 bottiglie di grappa per produttore, sono davvero pochi? “Il consumo annuo per famiglia - continua Mazzetti - è inferiore ai due litri annui. E poi, siamo sicuri che vengano davvero omaggiati? Se poi consideriamo che la norma dovrebbe riguardare solo il prodotto destinato al consumo gratuito, dobbiamo ricordare che presso gli agriturismi il conto di un pranzo include spesso anche l’offerta del digestivo “gratuito”, appunto, offrendo così una allettante opportunità di evasione della tassa, della quale crediamo non vi sia certo bisogno … (e poi, i distillatori questi 8 euro di accisa per litro li pagano anche sugli omaggi, e persino sulla quantità che spillano dall’alambicco mentre distillano, per verificare se il prodotto è buono)”.

Alla fine, quindi, oltre ai rischi per i consumatori, si tratterebbe di sottrarre all’erario somme ingenti, difficilmente quantificabili ma sulle quali non si ritiene opportuno minimizzare. A questo proposito lascia molto perplessi il fatto che, sembra si voglia esentare a tutti i costi queste migliaia di “clandestini” dal pagamento di un’imposta, quando esiste già l’articolo 12 comma 5 del Regolamento 153/2001, il quale appositamente prevede un pagamento in misura forfetaria e ridotta per le micro-produzioni di bevande alcoliche fino a 300 litri/anno.

La richiesta dell’Istituto Nazionale Grappa e dei suoi associati è che venga fatta chiarezza su questi punti.

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