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L’economia italiana migliora, e l’agricoltura segna la strada, con occupazione (+1,3%), investimenti, scambi internazionali e numero di aziende condotte da giovani (+9,3%) tutti in aumento. A dirlo il rapporto Ismea “Agrosserva” (primo semestre 2017)

Mentre l’economia italiana nel suo complesso, seppur lentamente e tra luci ed ombre, cresce, il settore agricolo è decisamente meno avaro di performance positive, dato che, come testimoniato dalla più recente edizione del rapporto “Agrosserva” di Ismea - relativo ai primi due trimestri dell’anno (https://goo.gl/t76L86) - non mancano i segnali più che positivi per il comparto, che si conferma sempre più centrale per il miglioramento delle performance economiche nazionali tout court.
Il settore si conferma assai dinamico, e a testimoniarlo, tra gli altri dati, meritano una menzione particolare la crescita degli occupati in agricoltura (+1,3% nel primo trimestre), con la componente dei dipendenti che cresce di quasi sette punti percentuali (+6,7%) e quella delle imprese agricole giovanili in autentico decollo, a +9,3% su base tendenziale. Con quest’ultimo dato il totale delle imprese agricole “under 35” in Italia ha raggiunto le 50.000 unità circa, arrivando al 6,6% del totale, e di pari importanza è senz’altro anche il dato relativo alle erogazioni di crediti oltre il breve termine, che, trainati anche dall’entrata a regime dei bandi relativi ai Piani di Sviluppo Rurale (Psr), hanno segnato un aumento di un terzo secco, nei primi tre mesi 2017. Secondo il rapporto, inoltre, un’impennata tale nei prestiti potrebbe alimentare anche una crescita degli investimenti nel prossimo biennio, come già avvenuto nel 2016, quando la crescita si attestò poco oltre il 3,1%. A differenza dell’industria, inoltre, nel primo trimestre, l’agricoltura ha contribuito positivamente alla crescita congiunturale dell’economia, segnando un recupero del valore aggiunto in termini reali del 4,2% rispetto all’ultimo quarto del 2016, mentre il valore aggiunto agricolo è rimasto stabile in termini reali. Dal punto di vista della forza lavoro impiegata, prosegue il rapporto, l’occupazione agricola nel primo trimestre ha segnato un +1,3% su base annua, alimentata dalla componente dei dipendenti (+6,7%), mentre quella relativa agli indipendenti è risultata in flessione (-3,6%). Le imprese agricole presenti nel registro delle imprese, fotografate negli archivi Infocamere a fine marzo 2017, sono 751.000 (il 12% del totale delle imprese italiane), in lieve calo su base annua (-0,3%), con un dato simile a quelli registrati anche nei trimestri del 2016.
Il mercato del vino nel 2017, prosegue il rapporto Agrosserva, è stato caratterizzato da disponibilità importanti e prudenza negli acquisti, e si è contraddistinto per listini che non hanno brillato per vivacità, dato che mediamente hanno registrato flessioni, nel primo semestre 2017, in controtendenza rispetto alla forte crescita del totale coltivazioni e del totale agricoltura. L’indice Ismea dei prezzi alla produzione ha visto il vino nel complesso scendere del 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: i vini da tavola sono rimasti sostanzialmente in linea con lo scorso anno, ma in virtù di un aumento dei bianchi del 5% e di un’analoga riduzione dei rossi, mentre il mercato appare sostenuto da una domanda estera piuttosto vivace proprio sui bianchi. Per gli Igt, nei primi sei mesi dell’anno i bianchi hanno perso il 5% rispetto allo stesso periodo del 2016, mentre la flessione dei rossi nel complesso è stata del 12%. Discorso a parte, invece, per il segmento dei vini Doc e Docg, che ormai sembra comportarsi in maniera poco correlata rispetto al quello dei vini comuni, non risentendo della concorrenza estera, come quella proveniente dalla Spagna: nei primi mesi del 2017, comunque, anche i listini dei vini Doc e Docg sembrano aver perso un po’ di smalto, proseguendo in realtà una tendenza iniziata già nell’estate scorsa. Secondo l’indice Ismea dei prezzi, da gennaio a maggio 2017 i vini al vertice della piramide qualitativa sono scesi nel complesso del 5%, combinazione di un -7% dei bianchi e del -3% dei rossi. A pesare sui bianchi c’è stata la flessione dei listini del Prosecco, dettata non certo dalla mancanza di domanda ma dal fatto che all’aumento dei volumi i produttori si sono dimostrati disposti a cedere sui listini. Listini con il segno più, invece, per alcuni dei grandi rossi, tra cui Barolo, Brunello e Barbaresco, mentre qualche difficoltà si evidenzia sul Chianti, sottolinea il rapporto. La produzione enoica del prossimo autunno dovrà, secondo il rapporto Ismea, fare però i conti con tutta la serie di avversità che hanno contraddistinto lo sviluppo vegetativo della vite, particolarmente nel periodo primaverile, come le gelate di aprile, le grandinate di inizio giugno in alcune aree - mentre il resto della Penisola soffriva per la siccità - e infine, a fine luglio, grandinate rilevanti in alcune aree.
Per l’industria alimentare e delle bevande, ad incidere positivamente è stata ancora la crescita dell’export, che ha messo a segno un +5,5%, nel primo terzo 2017. Un ulteriore segnale positivo viene dagli investimenti, spinti da una maggiore richiesta di prestiti da parte delle imprese (+2,1% a marzo 2017 su base annua). Le imprese alimentari - 70.000, di cui 5.400 under 35 - aumentano su base tendenziale anche nel primo trimestre dell’anno (+0,5%), e un altro segnale positivo viene dagli acquisti domestici, che nel periodo compreso tra gennaio e giugno sono cresciuti del 2,5% su base annua. Il settore olivicolo-oleario italiano sta invece faticosamente archiviando un’annata estremamente difficile, con la scarsa produzione 2016/2017 - che ha subito una riduzione di oltre il 60% rispetto all’anno precedente - che ha condizionato pesantemente il mercato sia interno che estero, con prezzi saliti su livelli molto elevati; tuttavia le scorte di prodotto si sono assottigliate in poco tempo, e quindi la recente fiacchezza del mercato, secondo il documento Ismea, è attribuibile proprio all’esaurimento del prodotto disponibile. L’esportazione di salumi e insaccati, invece, ha trainato il settore durante tutto il 2016, ma, nella prima parte del 2017, si è registrato un rallentamento di questo slancio verso l’estero, con un -11% sia in valore sia in volume nel primo quarto dell’anno. Dal lato delle importazioni, continua anche nel primo trimestre 2017 il calo in valore delle importazioni di carni suine fresche e refrigerate registrato già sul finale del 2016 (-7% nel primo trimestre 2017), da attribuire alla minore offerta europea, mentre in questa prima frazione dell’anno dimostrano una lieve tendenza positiva i consumi domestici sia di carne fresca che di salumi (rispettivamente +1,3% e +2,7% in valore).
Infine, l’export: dopo il +4% del 2016 nei primi quattro mesi dell’anno le esportazioni di prodotti agroalimentari hanno sfiorato la soglia dei 13 miliardi di Euro di valore, in aumento del 5,3% rispetto allo stesso periodo del 2016 e con la variazione che è sintesi del +5,5% delle esportazioni dell’industria alimentare (che rappresenta l’82% dell’export agroalimentare) e del +4,6% di quelle dell’agricoltura. La dinamica delle esportazioni è positiva per quasi tutti i comparti; da evidenziare in particolare il +11% per il comparto latte e derivati, mentre si discostano dall’andamento generale le foraggere (-8%), gli oli e grassi (-5,6%) e la frutta fresca e trasformata (-0,6%). Per quanto riguarda la geografia delle esportazioni, i principali mercati di sbocco europei - che esprimono il 65% del valore complessivo dei prodotti agroalimentari che varcano i confini nazionali - nei primi quattro mesi del 2017 hanno evidenziato una crescita del 3,8%: la performance è stata positiva in Francia (+5,2%) e nei Paesi Bassi (+3,8%), ma soprattutto in Spagna (+12,1%); battuta d’arresto, invece, per i flussi diretti verso la Germania (-0,7%) dove hanno pesato le minori esportazioni di ortofrutta, oli e pasta, così come per quelli di prodotti agroalimentari verso il Regno Unito (-0,5%). Più dinamiche le esportazioni dirette verso i paesi extra-Ue, che nel periodo in esame sono cresciute dell’8,4% su base annua e con incrementi particolarmente consistenti per il Giappone (+35,1%), un mercato dal peso ancora relativo - ma con margini di crescita, conclude il rapporto, tutti da analizzare, specialmente a valle dell’accordo di libero scambio siglato tra il Premier nipponico Abe e le controparti comunitarie nel giugno 2017.

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