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L’ETERNA DISPUTA SUL SISTEMA DI CHIUSURA MIGLIORE PER IL VINO PARE DESTINATA A RIMANERE SENZA UN VINCITORE. UNO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI UDINE, PRESENTATO IL 16 APRILE A CORMONS, DIMOSTRA CHE NON ESISTE IL “TAPPO PERFETTO”

La questione è annosa: meglio il tradizionale tappo di sughero oppure i più moderni tappi di vetro, sintetici e a vite? Tutti e nessuno, è la risposta data dai ricercatori del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Udine, in uno studio in collaborazione con le aziende vitivinicole friulane Livio Felluga, Jermann di Silvio Jermann, Le Vigne di Zamò e Mario Schiopetto.

I tre anni di sperimentazione e di confronto tra le caratteristiche dei diversi sistemi di chiusura delle bottiglie, parte attiva del “Progetto per la valutazione dello stato evolutivo dei vini in funzione di diversi tipi di chiusure tradizionali ed innovative”, saranno presentati nel convegno del 16 aprile a Cormons (Udine), nel Centro per la ricerca e la didattica in Viticoltura ed Enologia dell’università di Udine.

Franco Battistutta e Laura Brotto - i ricercatori che hanno effettuato la sperimentazione - spiegano che, benché enologi e produttori vorrebbero poter controllare e gestire tutte le variabili, gli effetti del tipo di chiusura sul vino sono prevedibili solo in parte. Insomma, “nessun tappo si può considerare totalmente neutro rispetto al contenuto della bottiglia”, affermano i due studiosi, rendendo evidente che la crescente ricerca di sistemi di chiusura “definitivi” che garantiscano la conservazione ideale del prodotto di fatto non esistono.

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