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ATTUALITÀ

La birra artigianale italiana fa il punto agli Stati Generali: “servono certezze per crescere”

L’evento di Cia-Agricoltori Italiani insieme ad Unionbirrai. Fini elenca le sfide: “dalla tassazione eccessiva all’innovazione del quadro normativo”
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Anche la birra artigianale hai suoi Stati Generali (ph: Freepik)

Una bevanda che piace ad un pubblico trasversale, sinonimo di convivialità e di leggerezza (come abbiamo riportato su WineNews), aspetto sempre più apprezzato in un prodotto alcolico, eppure alle prese con delle difficoltà che preoccupano i produttori tanto che, dopo anni di consumi in crescita, nel 2023 è tornato il segno meno. “Negli ultimi anni le birre agricole e artigianali, prodotte in parte con materie prime italiane, sono diventate un’eccellenza a livello qualitativo, ma hanno bisogno di far crescere ancora il mercato. Servono anche certezze da parte della politica, come il mantenimento dell’attuale riduzione sulle accise”. A dirlo è la Cia-Agricoltori Italiani, degli Stati Generali della Birra, che hanno raccolto, a Pollenzo, per la prima volta, i protagonisti della filiera brassicola, organizzati con Unionbirrai, realtà che associa i birrifici indipendenti, e con la partecipazione di Patrizio Giacomo La Pietra, Sottosegretario per l’Agricoltura, la Sovranità Alimentare e le Foreste.
“È necessario un fronte comune tra tutti gli attori coinvolti per raggiungere gli obiettivi, creando una filiera di materie prime coltivate interamente in Italia”, ha sottolineato Cristiano Fini, il presidente Cia-Agricoltori Italiani, che ha voluto sollecitare una riflessione su un settore che, negli ultimi 20 anni, ha attuato una vera e propria rivoluzione, con la nascita della birra artigianale italiana. Ci sono, “oltre 1.000 birrifici di eccellenza che hanno fatto crescere il valore condiviso del comparto, 9,4 miliardi di euro e oltre 700.000 in accise annue, che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria. Inoltre, la filiera agricola della birra sta crescendo, con la ricerca di produzioni sempre di maggiore qualità, per fare della birra un prodotto 100% con materie prime italiane. Se nel malto d’orzo c’è un fabbisogno che supera il 50% della domanda, nel caso del luppolo solo il 5% di quello consumato dai produttori italiani è prodotto nel nostro Paese”.
Secondo Matteo Bartolini, vice presidente Cia, “il settore ha molte opportunità da cogliere, ma per ottenere l’obiettivo bisogna che tutti gli attori impostino una programmazione di lungo periodo. Alle istituzioni chiediamo, invece, di rivedere la Legge del 1962 che regolamenta il settore e di ripristinare nel decreto Milleproroghe le accise ridotte per i birrifici fino a 60.000 ettolitri annui, che sono state soppresse dalla Legge di bilancio”. Gli fa eco Alfredo Pratolongo, presidente Assobirra: “il settore, dopo una crescita del 9% dal 1918 al 2022, nel 2023 ha perso una forbice di mercato tra il 5 e il 7%. L’inversione di tendenza è dovuta a diversi fattori strutturali come i costi aumentati in modo esponenziale e i consumi diminuiti, anche perché le accise incidono in modo pesante sul prezzo al consumatore”.
Il presidente Cristiano Fini ha detto come “dalla tassazione eccessiva, alla necessaria innovazione del quadro normativo, che appare datato e incapace di sostenere la crescita di un settore così cambiato, tante sono le sfide decisive per il futuro della filiera. A partire da quella più grande, che è quella della sostenibilità economica, sociale, ma soprattutto ambientale delle produzioni e di tutta la filiera, in un tempo in cui i mutamenti climatici stanno mettendo a repentaglio lo stesso futuro della birra nel mondo”.

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