Tra le tante novità introdotte dai nuovi testi della Pac, che entrerà in vigore nel 2023, è stata modificata anche la definizione di vino a Igp. Dai rumors raccolti da WineNews, con la nuova definizione il 15% di prodotto di un vino Igp che può provenire da una zona geografica diversa dalla zona geografica delimitata (il cosiddetto “fuori zona”) deve essere costituito da uve e non da mosti o vini. Una definizione, a quanto pare, frutto di un intervento della Commissione Europea che ha voluto così colmare una lacuna normativa, con l’obiettivo di precisare che, nella produzione di vini a Igp, non sarà più possibile utilizzare il 15% di mosto o vini proveniente da fuori zona ma unicamente uve. Una novità che, inevitabilmente, avrà impatti importanti sul settore vitivinicolo italiano, ed il motivo è chiaro: spostare quintali, se non tonnellate, di uve per centinaia di chilometri ha costi, e soprattutto criticità (il rischio più evidente è quello di arrivare in cantina con le uve già in fermentazione, ndr), decisamente maggiori rispetto allo spostamento di mosti o vini, senza, del resto, che il risultato sia diverso. La speranza, se questa prospettiva venisse confermata, è che la Commissione Ue individui un congruo periodo transitorio, partendo dal presupposto che, comunque, la nuova definizione non potrà che applicarsi con l’entrata in vigore della nuova Pac, e quindi non prima della vendemmia 2023.
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