A livello macro economico, parlando di inflazione, negli ultimi tempo diversi economisti, di ogni estrazione politica, iniziano a sottolineare come l’aumento dei prezzi che tutti tocchiamo con mano ogni giorno, oggi, sia più legato a logiche di extraprofitti, che alle reali condizioni di mercato e ai prezzi delle materie prime e dell’energia che, pur rimanendo elevati, rispetto ai picchi raggiunti negli scorsi mesi. Situazione vissuta con difficoltà anche dalla filiera del vino, che si è trovata con marginalità praticamente azzerate soprattutto per i prodotti entry level, in particolare per il caro vetro, con il costo delle bottiglie più che raddoppiato, a causa di rialzi dei listini continui da parte delle vetrerie. Che ora, anche sotto la protesta della filiera enoica, sembrano aprire ad una revisione. A dirlo Unione Italiana Vini (Uiv), che rileva come il 2022 sia stato da record per i bilanci delle “principali vetrerie italiane ed europee che, in piena crisi energetica, hanno segnato utili anche sopra il 30%. Una performance eccezionalmente positiva, sostenuta anche dai crediti di imposta e dall’aumento dei listini imposti al mondo del vino (+70% il costo delle bottiglie in poco più di un anno). A fare da contraltare, più a valle lungo la filiera, sono i conti delle imprese vitivinicole italiane (tra minori vendite allo scaffale e costi di produzione alle stelle, con la relativa riduzione dei margini lordi per 900 milioni di euro) e i portafogli dei consumatori, sempre più alleggeriti da inflazione e carovita, che si traducono in tagli agli acquisti di vino nell’ordine del 6-7%”.
Una dicotomia denunciata da Unione Italiana Vini (in seguito all’inchiesta in uscita lunedì 15 maggio sul “Il Corriere Vinicolo”, il giornale di cui Uiv è proprietaria ed editrice), che ha ricostruito l’andamento dei costi della bolletta energetica e del prezzo delle bottiglie di vetro degli ultimi due anni mettendo sotto la lente i bilanci di tre colossi europei del vetro attivi in Italia, O-I Glass, Verallia e Gruppo Zignago Vetro. A sorprendere Uiv, il paradosso che vede da una parte la riduzione dei costi energetici (tornati ai livelli del 2021), dall’altra il progressivo aumento - anche nel 2023 - del costo delle bottiglie di vetro.
“In piena crisi inflattiva e con un consumatore più attento, la filiera produttivo-distributiva stringe ancora la cinta, mentre altri continuano a veder crescere i profitti”, ha commentato Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv. “Abbiamo assorbito tutti i costi, ora a rischio la remunerazione dei soci”, ha aggiunto Carlo Piccinini, presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentare. “Impennata dei costi energetici, rincari dei rottami e della logistica hanno influito in maniera rilevante sui bilanci dell’industria vetraria”, ha risposto il presidente di Assovetro, Marco Ravasi, che, però, apre a possibili revisioni dei listini in un prossimo futuro.
Stando all’analisi condotta dal professore di Economia dell’impresa vitivinicola dell’Università di Verona, Luca Castagnetti, O-I Glass, una delle maggiori produttrici mondiali di bottiglie di vetro, ha realizzato nel segmento Europa un utile operativo di 488 milioni di dollari (+31,5% rispetto al 2021), con un’incidenza dei costi sui ricavi che è scesa sensibilmente negli ultimi 3 anni. Anche per il gruppo francese Verallia il 2022 è stato un anno di crescita importante, con i ricavi consolidati che sono passati da 2,7 a 3,4 miliardi di euro e un ebitda che dal 24,9% del 2022 vola a 29,2% nel primo trimestre di quest’anno. Bene, infine, anche il gruppo italiano Zignago Vetro, che ha chiuso l’anno con aumenti in doppia cifra: +30% i ricavi consolidati (640,8 milioni di euro), con un +44,3% per l’utile netto di Gruppo (86,6 milioni di euro). Registrano i risultati migliori proprio le società del Gruppo dedicate al mondo del vino: la Zignago Vetro Spa, con un utile netto 2022 pari al 17,5% dei ricavi (era il 17,1% nel 2021), e la Vetri Speciali Spa, al 20,8% dei ricavi (contro il 16,2% nel 2021). Non male, in tempi di crisi e di caro energia.
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