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La versione di Fortis: secondo il Professore, direttore e vicepresidente di Fondazione Edison, consigliere di Palazzo Chigi e membro del Cda Rai, il wine & food tricolore ha molto potenziale inespresso, sia per le esportazioni che comunicativo

Italia
Il professor Marco Fortis

In Montedison dal 1986, attualmente vicepresidente e direttore della Fondazione Edison, membro del Cda della tv di Stato, consigliere diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, docente di Economia Industriale e Commercio Estero all’Università Cattolica di Milano e studioso di lunghissimo corso dell’economia, industriale e non, del nostro Paese: ecco, a grandi linee, chi è Marco Fortis, con cui WineNews ha avuto un colloquio vis-a-vis, alla presentazione del Rapporto targato Fondazione Edison sul valore della filiera del vino in Italia.
Una filiera che vale oltre 7 miliardi di euro, e che assume una particolare rilevanza sotto il profilo del commercio estero, dato che “una bilancia commerciale superiore ai 5 miliardi di euro fa del settore vitivinicolo uno dei maggiori contributori del successo del Made in Italy nel mondo. Abbiamo visto anche l’importanza territoriale del settore, che è presente massicciamente in tante aree del Paese, forse come poche altre realtà mondiali, e dove abbiamo visto il consolidamento in particolare di alcuni territori, tradizionalmente già forti, ma anche lo sviluppo di altri - come per esempio tutta l’area siciliana, negli ultimi anni - quindi Toscana, Piemonte, Triveneto, ma anche nuove realtà, che stanno emergendo”. All’estero, c’è poi da sottolineare “l’importanza di alcuni mercati, in modo particolare gli Stati Uniti, dove esportiamo quasi un miliardo di euro, abbiamo visto per esempio l’importanza della Gran Bretagna e della Germania: su alcuni di questi mercati abbiamo assistito anche a un forte sviluppo di nuove produzioni, come per esempio il Prosecco, che in Gran Bretagna ha sfondato in maniera molto importante, al punto che ormai la Gran Bretagna, la voce aggregata dei vini, è diventata il primo mercato del Veneto”. E ancora, “Abbiamo visto ad esempio anche la forza di alcuni mercati in cui c’è una tradizione per l’emigrazione italiana, come il Canada, che per molte regioni è uno dei principali mercati di riferimento, e non trascuriamo poi tutta l’area scandinava e del Nord Europa, che è appunto in fortissima crescita, un mercato di destinazione degli ultimi anni. E segnalerei - ha puntualizzato Fortis - anche la resilienza e l’importanza storica del Giappone, che comunque rimane, sia per i vini da tavola e i vini Doc che per gli spumanti, un mercato molto significativo”.
Ma non di solo mercato vive il settore, o meglio, le esternalità positive di un settore che pervade lo stivale da un estremo all’altro, e che contribuisce così tanto alla sua economia, vanno oltre i numeri: secondo Fortis, “considererei la capacità, attraverso questo settore, di conoscere meglio lo stesso paese, e anche di apprezzare lo sforzo delle imprese del settore vitivinicolo che costituiscono degli operatori di abbellimento del territorio: io li considero in questa chiave, perché a parte la bellezza delle vigne, le stesse aziende vitivinicole sono spesso degli ottimi contributori netti al miglioramento del paesaggio. Magioni, cantine, sono tutte cose che si visitano molto volentieri e che aiutano anche il turismo e una maggiore conoscenza del nostro stesso paese: se noi oggi guardiamo ai nostri studenti, vediamo che molto spesso conoscono tante cose ma non conoscono il loro paese. Io faccio sempre una battuta quando inizio un corso all’università, che se si conoscessero per ciascuna di queste realtà territoriali il nome di un artista, di un’opera d’arte, di un monumento, di una chiesa, di un distretto industriale, di un vino e di un cibo, forse sapremmo meglio noi stessi italiani come conoscere il nostro paese”.
Guardando al futuro, l’obiettivo dichiarato dalla platea del Vinitaly dal Premier Renzi è stato quello di raggiungere il traguardo dei 50 miliardi di euro l’anno di export agroalimentare entro il 2020. E su questo Fortis è decisamente ottimista, anche se ci sono delle condizioni irrinunciabili per raggiungere la meta: “dal punto di vista economico-statistico è un obiettivo possibile perché quattro anni sono una bella realtà, come tempo a disposizione, per crescere, e se consideriamo l’enorme potenziale sottovalutato di questo settore”. Ma, ha puntualizzato, “servono soprattutto le iniziative di promozione commerciale fatte in maniera istituzionale, e non frazionata: non ci servono mille attori che vanno a proporre mille o diecimila prodotti specifici, ma ci serve creare un’attenzione sul prodotto italiano, ossia quello che riguarda il cibo e il vino. Si tratta di presentare meglio i prodotti italiani anche come originali rispetto ai tanti casi di “italian sounding” che vanno a coprire quote di mercato che potremmo occupare, quindi un maggiore sforzo promozionale dove ci dev’essere una maggiore concertazione a livello centrale con le aree territoriali, che non possono essere centomila: non possiamo avere trentamila tipologie diverse di vini secondo le caratteristiche, le origini territoriali, ecco. Dobbiamo giocarci il ruolo del territorio che però non deve finire con scomparire perché troppo piccolo, un territorio si vede se è visibile, se diventa una microfrazione nel contesto globale, noi abbiamo magari la risorsa ma non riusciamo a venderla perché nessuno riesce a vederla”.
Passando poi al suo ruolo di consigliere di amministrazione di Viale Mazzini, Fortis ritiene anche che rispetto all’agroalimentare “il rapporto con la tv di Stato è buono: ci sono molte trasmissioni che presentano le nostre realtà enogastronomiche e ci sono molte anche trasmissioni che stanno avvicinando soprattutto il pubblico femminile alla cucina, al modo di cucinare, e c’è anche stata una grossa promozione delle figure dei nostri esperti, dei nostri cuochi, dei nostri maggiori chef, anche degli stessi degustatori di vini. Sicuramente varrebbe forse la pena di rendere più sistematica questa presentazione del territorio italiano anche in un ambito internazionale, e credo tra l’altro che per gli appassionati, per gli esperti del settore vitivinicolo, potrà essere una grandissima risorsa una nuova app che verrà messa in produzione proprio questo mese di settembre dalla Rai, che è Rai Play. Cioè un’app dove si può accedere a tutti i programmi gratis della Rai, andare anche a costruirsi una propria banca dati, una propria biblioteca, e scaricare i programmi di cui la Rai ha i diritti e poterli vedere in qualunque momento”.
Un attore che, tornando al tema del rapporto tra italiani di oggi e di domani e i loro territori, può fare molto, secondo Fortis, perchè anche se la Rai “può fare soprattutto una comunicazione all’interno, perché stiamo parlando di una comunicazione in lingua italiana per un pubblico prettamente italiano”, rimane il fatto che “i nostri giovani sanno di tutto di più ma non conoscono i propri territori, hanno anche una cultura di base del territorio che è povera anche sul profilo dell’arte e della cultura. Ecco, se si riuscissero a fondere insieme questi aspetti e a trasmetterli meglio, noi guadagneremmo in assoluto in conoscenza del nostro paese, credo: quindi ripeto, banalmente, la dotazione minima di conoscenze di che cos’ha una provincia in termini di opere d’arte, almeno uno dei suoi artisti famosi, o uno scienziato, una personalità storica, almeno un vino importante della zona, almeno un cibo della zona, e cosa si fa a livello economico e industriale, rappresenterebbe già per un giovane italiano una conoscenza di base significativa che in questo momento io non vedo, non c’è”. E in questo, l’opera delle trasmissioni wine & food della Rai potrebbe secondo Fortis fare molto...

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