I tempi cambiano e quello che sembrava un “boom” destinato a non avere freni, si sta scontrando con una realtà diversa, dove le difficoltà non mancano anche se, e questo va detto, restano sul campo esempi virtuosi. Se Bordeaux, una delle zone più produttive e rinomate del vino francese, sta attraversando, con una parte dei suoi vignaioli, un momento difficile, tra estirpazioni e una via d’uscita complicata per il proprio rilancio, anche gli investitori cinesi, che a suo tempo erano rimasti affascinati da questo territorio, stanno alzando “bandiera bianca”: come riportano l’Afp (Agence France-Presse, ndr) e alcuni siti francesi, dopo più di un decennio di frenetiche acquisizioni, molti di loro cercano di vendere i loro castelli, mentre altri persistono, nonostante la crisi, per “amore del vino”.
Un esempio significativo è quello di Château Latour Laguens, che si trova nella Valle dell’Entre-Deux-Mers, una Tenuta affascinante che nel 2008 fu una delle prime proprietà vinicole acquistate da un’azienda cinese nel primo vigneto Aoc del Paese. Oggi lo Château non vive più nello splendore di un tempo ed è all’asta (con una base di 150.000 euro senza vigneti). Ma altre proprietà, battenti bandiera cinese, sono passate di mano negli ultimi anni.
Diverse le cause che emergono, dal problema dei fondi bloccati in Cina, fino alla tipologia di gestione, da una mancanza di conoscenza di un mondo, complesso, come quello del vino, al sogno che si è trasformato in utopia di una redditività immediata. Il risultato è che oggi sarebbero ben 50 gli châteaux in vendita, uno scenario che convive con un momento storico non certo favorevole considerando la “sovrapproduzione” che ha messo spalle al muro Bordeaux. Dopo il Covid-19, Bordeaux è stata meno attraente in un Paese dove i consumi sono in calo (-25% nel 2023 secondo l’Oiv, l’Organizzazione Internazionale del Vino). Anche la grandine, la muffa e altri rischi climatici scoraggiano i recenti acquirenti, e d’altronde in viticoltura ci vuole tempo per ottenere i risultati, e la velocità non fa parte di questo settore. Ma se gli europei sono più abituati a ragionare in termini di generazioni e quindi a lungo termine, i cinesi per il loro modello di business, puntano ad una scadenza piuttosto breve per poi, magari, vendere.
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