Se in Italia si discute da decenni di finanziamento pubblico ai partiti, negli Stati Uniti, patria del libero mercato e del bipartitismo quasi perfetto, sono i privati e le aziende a pagare le campagne elettorali, supportando, in maniera trasparente, questo o quel candidato, e qualche volta entrambi, per facilitare l’attività, anche questa lecita e regolamentata per legge, di lobbying. Non sorprende, così, che anche il settore del vino abbia sostenuto economicamente l’ascesa alla presidenza, nel 2016, di Donald Trump, continuando a finanziare campagna e comitato elettorale negli anni successivi, fino ad oggi, e quindi alle prossime elezioni, che a novembre lo vedranno di fronte al democratico Joe Biden.
Nonostante la pioggia di critiche, sia sul fronte internazionale, con le relazioni con la Cina ridotte ai minimi termini e quelle con l’Europa, dopo i dazi che hanno colpito interi settori produttivi, tutt’altro che idilliache, che su quello interno, dove lo scontro e la distanza dai manifestanti antirazzisti è sempre più evidente, tanto che certe dichiarazioni hanno finito per provocare viva e planetaria indignazione, il primo finanziatore di Donald Trump legato al mondo del vino è Marvin R. Shanken, editor e publisher di “Wine Spectator”, che ha donato ben 185.800 dollari alla causa del tycoon. Il ceo della californiana Jordan Winery, John Jordan, ha contribuito con 75.600 dollari, il proprietario della Westerly Wines, Roger K. Bower, con 55.400 dollari, e ancora il presidente della texana Southern Glazers Wine & Spirits, Sheldon Stein, con 25.400 dollari ed il Ceo di Wine Consultants, J. Scott Beckendorf, con 22.883 dollari.
Quello che colpisce maggiormente, restando sui finanziamenti alla campagna per le elezioni presidenziali del 2020, è che Donald Trump ha raccolto dal mondo del vino ben 606.131 dollari, da 239 finanziatori per un totale di 1.228 versamenti ed una media di 494 dollari, contro i 71.567 dollari raccolti da Bernie Sanders (da 218 sostenitori diversi, per 1.905 versamenti da 38 dollari in media ciascuno), che ha perso le primarie del Partito Democratico contro Joe Biden, che dall’industria del vino ha ricevuto appena 10.000 dollari, da un solo sostenitore... Insomma, l’industria enoica Usa sembra puntare sulla rielezione di “The Donald”, forse il più diviso e criticato dei presidenti Usa degli ultimi decenni, che dalla sua, però, ha i numeri dell’economia e del lavoro, fondamentali nella diatriba politica statunitense.
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