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VINO & PALEONTOLOGIA

L’uva non esisterebbe se i dinosauri non si fossero estinti: parola di uno studio americano

Nell’articolo pubblicato su “Nature Plants”, gli studiosi ripercorrono l’evoluzione della vite, attraverso vecchi e nuovi ritrovamenti di semi fossili
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Uva e dinosauri: convivenza impossibile (credit: Fabiany Herrera)

C’è una relazione tra i dinosauri e le viti? Potrebbe sembrare strano o impensabile, ma secondo uno studio dei ricercatori Fabiany Herrera del Field Museum del Negaunee Integrative Research Center di Chicago, Mónica Carvalho del Museo di Paleontologia dell’Università del Michigan, Steven Manchester del Florida Museum of Natural History, Gregory Stull dello Smithsonian National Museum of Natural History e Carlos Jarramillo dello Smithsonian Tropical Research Institute, queste due forme di vita erano legate da un forte rapporto di incompatibilità, in virtù del quale l’uva ha potuto svilupparsi e diffondersi solo a seguito dell’estinzione di massa dei grandi rettili. Pubblicato sulla rivista “Nature Plants”, lo studio spiega che la più antica uva fossile, o quanto meno i suoi semi (anche perché i tessuti molli sono spesso soggetti ad un rapido deterioramento) è stata rinvenuta in India ed è stata datata a 66 milioni di anni fa. Un caso curioso, osservano gli studiosi, considerando che la caduta di un gigantesco meteorite e l’estinzione di massa dei dinosauri accade, all’incirca, nello stesso periodo: “pensiamo sempre agli animali, ai dinosauri, perché sono stati la cosa più grande ad essere influenzata da questo evento - spiega Herrera - ma anche le foreste subirono un reset, in maniera tale da causare un cambiamento nella composizione delle piante”. Ma perché quindi i dinosauri e l’uva erano legati così a stretto filo? “È risaputo che grandi animali, come i dinosauri, sono in grado di alterare l’ecosistema che li circonda - dice Carvalho - e pensiamo che con i dinosauri liberi di vagare per le foreste, fosse probabile che spesso degli alberi venissero abbattuti e che questo effettivamente contribuisse a mantenere foreste più aperte di quelle che abbiamo oggi”.
Quindi, i grandi rettili erano in grado di modificare la composizione della vegetazione del tempo in maniera evolutivamente molto sconveniente per specie vegetali come l’uva. Situazione che invece cambiò a seguito della loro estinzione, momento in cui le foreste diventarono più fitte, dotate di un sottobosco e di una chioma: “tra i reperti fossili - aggiunge Herrera - si cominciano ad osservare più piante che utilizzano liane e fusti volubili, come la vite, per arrampicarsi sugli alberi in questo periodo”. Complice l’estinzione dei grandi rettili, quindi, la riconfigurazione della flora delle macchie diede alla vite la possibilità di svilupparsi ed evolversi.
Ma per quanto riguarda, invece, l’estensione della specie, cosa ha permesso alla vite di espandersi e crescere in tutto il mondo? La differenziazione della fauna tra mammiferi ed uccelli, caratteristica di questo periodo di riconfigurazione della popolazione terrestre, potrebbe aver giocato un ruolo di primo piano in questo processo, con gli uccelli che potrebbero aver aiutato l’uva trasportandone i semi. Nel 2013 ancora non erano mai stati scoperti fossili d’uva nel Sud del continente americano, ma Herrera decise di cercarli, convinto che ve ne fossero eccome. Non fu certo un compito semplice, come dice lo stesso autore dello studio, ma, nel 2022, durante una spedizione nelle Ande colombiane, Carvalho ed Herrera trovarono uno tra i più antichi fossili d’uva al mondo, incastonato in una pietra di 60 milioni di anni, di poco più “giovane” del più antico fossile d’uva al mondo, quello indiano: “la scoperta è importante - dice Herrera - perché mostra come, dopo l’estinzione dei dinosauri, l’uva abbia realmente cominciato a diffondersi nel mondo”. Ma la nuova specie (battezzata Lithouva susmanii, in onore di Arthur T. Susman, un sostenitore della paleobotanica sudamericana al Field Museum) rappresenta una scoperta importante anche perché “supporta un’origine sudamericana del gruppo in cui si è evoluta la vite comune Vitis” continua Stull.
A seguito di ulteriori ricerche sul campo in Sud e Centro America, nell’articolo di “Nature Plants” il team descrive nove nuove specie di uva fossile che provengono dalla Colombia, da Panama ed anche dal Perù, tutte con un’età compresa tra i 60 ed i 19 milioni di anni. Questi fossili non solo raccontano la storia della diffusione dell’uva in tutto l’emisfero occidentale, ma anche le numerose estinzioni e dispersioni che questa famiglia ha subito. I fossili sono solo lontani parenti delle uve originarie dell’emisfero occidentale ed alcuni di questi, come le due specie di Leea, si trovano solo nell’emisfero orientale: il loro posizionamento all’interno dell’albero genealogico dell’uva, insomma, indica che il loro viaggio evolutivo è stato a dir poco tumultuoso: “i reperti fossili - conclude Herrera - ci dicono che l’uva è molto resistente, che ha subito molte estinzioni nella regione dell’America centrale e meridionale, ma che è anche riuscita ad adattarsi e sopravvivere in altre parti del mondo”.

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