Il mondo del collezionismo, in generale, esplora il digitale ed il mondo delle cryptovalute. Ed il vino non fa eccezione. Se è di pochi giorni fa la notizia che Christie’s ha battuto all’asta, per 70 milioni di dollari, l’opera digitale “The first 5,000 days” di Beeple, al secolo Michael Joseph Winkelmann, ora arriva la notizia che BitWine (bitwine.org), realtà canadese formata dall’esperto di marketing digitale Evan Keast, dal grafico e “pixel artist” Stephen Osborn e dalla sommelier Lauren Vaile, ha lanciato una serie di 1.000 vini “Nfts”, tecnicamente “non-fungible tokens”, o banalizzando, immagini digitali uniche, la cui versione originale è certificata con la tecnologia della blockchain, ispirati ai grandi vini “reali” di tutto il mondo.
Una collezione che viene rilasciata a blocchi di 50 alla volta, ed il primo, il BitWine #1, formato da due token (che alla vista ricordano vagamente una bottiglia d Chateaux d’Yquem e una di Domaine de la Romanée-Conti), venduti per 16 Ethereum (una delle cryptovalute del momento), pari a 34.000 dollari. Ed in soli cinque giorni il progetto ha già raccolto 52.000 dollari. Con un valore medio, a “bottiglia-token”, di 0,07 Ethereum, pari a 151 dollari.
A breve, come si legge sul sito bitwine.org, arriveranno i rilasci di collezioni dedicate agli spumanti del mondo, dal Prosecco allo Champagne, ma anche una tutta dedicata all’Italia, “dall’Asti alla Sicilia”, e ancora alla Francia, alla Spagna, ai vini naturali e così via. Solo una boutade, o un canale nuovo del collezionismo intorno al vino che si apre, nell’era digitale? Recuperando un classico del Manzoni, come “Il cinque maggio”, viene proprio da dire “ai posteri l’ardua sentenza”.
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