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“NO ZERO ALCOL PER NEOPATENTATI, BENE MILANO, MA ATTENDERE EFFETTI PER FARE LEGGE”: COSI’ IL MINISTRO DELLA GIOVENTU’ GIORGIA MELONI CHE SOTTOLINEA “BISOGNA DISTINGUERE TRA CHI BEVE UN BICCHIERE DI VINO E CHI SI UBRIACA, MAGARI BEVENDO SUPERALCOLICI”

“L’iniziativa legislativa della Camera dei Deputati non mi trova d’accordo, perché non sono convinta di una soglia zero per i neopatentati”: così il Ministro della Gioventù Giorgia Meloni commenta le nuove norme sulla sicurezza stradale approvate ieri, e in particolare la parte che riguarda i più giovani e tutti i neopatentati, che non potranno bere neanche un sorso di birra prima di mettersi alla guida.
“L’alcol - prosegue il Ministro - non è come la droga, e poi bisogna distinguere tra chi beve un bicchiere di vino e chi si ubriaca, magari bevendo superalcolici”. E’ questa distinzione, secondo il Ministro Giorgia Meloni, che andrebbe insegnata ai giovani: “credo sia questo il modo migliore per responsabilizzare i ragazzi, altrimenti la soglia non dovrebbe riguardare solo i neopatentati ma tutti. Il rapporto tra giovani e alcol, a mio avviso, va affrontato nella completezza, a 360 gradi e non con iniziative spot”.
Giudizio positivo, invece, sull’ordinanza del sindaco di Milano Letizia Moratti che vieta la somministrazione di alcol agli under 16, ma il Ministro “frena” sull’ipotesi di farne subito una legge nazionale: “occorre aspettare gli effetti della sperimentazione - conclude - per capire come legiferare meglio a livello nazionale”.

In evidenza - L’analisi dell’Osservatorio sui Giovani e l’Alcol: “senza investimenti in capitale sociale e relazionale a sostegno dei percorsi dell’adolescenza, le forme dell’abuso di alcol rimarranno la traccia di un fallimento educativo individuale e collettivo”
“Un’efficace politica di prevenzione rispetto al rischio d’abuso di alcol passa per un’educazione diffusa e capillare al consumo responsabile, all’autoregolazione e dubita della convinzione che siano efficaci misure repressive o coercitive, considerandone i possibili effetti opposti a quelli sperati, in special modo rispetto ai giovani”. Lo sottolinea Michele Contel, vice presidente dell’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcol.
“E’ questa la filosofia di base dell’Osservatorio - prosegue Contel - in quasi 20 anni di lavoro scientifico sui comportamenti di consumo e di abuso della popolazione giovanile, e il dibattito in corso in questi giorni dovrebbe sforzarsi di tenerne conto. Poiché nessuno può asserire di avere una soluzione definitiva a disposizione è bene ricordare che senza investimenti in capitale sociale e relazionale a sostegno dei percorsi dell’adolescenza, le forme dell’abuso di alcool rimarranno la traccia di un fallimento educativo individuale e collettivo”.
Per il vice presidente Contel, “a fronte di un innegabile allarme sociale associato, non certo da oggi, alla crescita di modelli di consumo giovanile finalizzato allo sballo, la risposta delle comunità urbane punta tutto sulla tolleranza zero, peraltro ponendosi l’obiettivo di far rispettare una legge dello Stato in vigore da decenni, con l’aggravante della sanzione pecuniaria per i giovani trasgressori. In realtà, a parte la controindicazione di provvedimenti legislativi a scacchiera sul territorio, il rischio che il legislatore locale corre è quello della credibilità. Si rischia di collegare tutto al problema dell’accesso alla sostanza trascurando i motivi che portano le persone a desiderarla. Focalizzando tutto sui luoghi di aggregazione della notte e del week end si dà il messaggio che poi tutto sommato se ti organizzi da solo nessuno a niente da dire”.
“Ne deriva - secondo Contel- un effetto schizofrenico in cui i controlli, dopo un’impennata iniziale, finiranno per ritornare ad essere come oggi: scarsi ed ininfluenti. Tutto ciò richiama la responsabilità di un approccio meno convenzionale al problema alcool, la necessità di uno sguardo culturale e di lungo periodo. In questo senso non risulta convincente l’appello ai presunti “giri di vite” ispirati alle legislazioni restrittive del Nord Europa e dei Paesi Anglosassoni. Lo dimostra tra l’altro una ricerca recente condotta dall’Osservatorio d’intesa con l’Institute for Health and Welfare di Helsinki, in cui risulta che il consumo di alcol in Finlandia è in costante e continuo aumento, rispetto al livello di consumo italiano, caratterizzato da un andamento opposto. Il paradosso è che si ha diminuzione in un Paese, l’Italia, caratterizzato da norme e politiche in materia di alcol relativamente poco strutturate, mentre si ha un aumento in un Paese, la Finlandia, caratterizzato da norme restrittive rigorosamente applicate”.
Michele Contel suggerisce una lettura del dato che va alla radice culturale del problema: “l’Italia e la Finlandia rappresentano due modelli radicalmente diversi del bere e delle relative relazioni sociali, elaborati in due ideal tipi: la cosiddetta cultura asciutta e la cultura bagnata. I termini asciutta e bagnata denotano due tipi di posizionamento dell’alcol nella vita quotidiana: gli appartenenti alla cultura asciutta, prevalentemente nell’Europa del Nord, fanno un uso di bevande alcoliche a gradazione medio alta e alta concentrato nel fine settimana, alla ricerca specifica dello stato di ebbrezza. Nella cultura bagnata, prevalente nei paesi mediterranei, invece, il vino occupa il posto nei consumi ed è integrato come parte della dieta nella vita quotidiana”.
“Secondo la ricerca - spiega Contel - i cambiamenti avvenuti negli stili del bere giovanili italiani sono collegati ad un progressivo aumento delle occasioni di consumo, dovuto sia alla diversificazione dell’offerta che alla minor pressione del controllo esercitato dagli adulti. Se si assiste a un generale aumento di tolleranza nei confronti dell’eccesso, è anche vero che si tratta in prevalenza di un abuso contraddistinto da regole informali, esplicite e implicite, che il gruppo impone al singolo. L’ubriacatura viene tollerata a patto che non dia origine a comportamenti violenti, che non sia troppo frequente e che non avvenga in solitudine. Dopo la cosiddetta “fase di sperimentazione”, durante la quale le ubriacature possono essere ricorrenti, i giovani sembrano recuperare piuttosto in fretta i modelli e le rappresentazioni della cultura bagnata appresi dai genitori fin dall’infanzia”.
“In Finlandia invece - conclude Contel - i comportamenti tipici della fase sperimentale, come il binge drinking, abbuffata di alcol, continuano ad essere più frequenti e a protrarsi più a lungo rispetto all’Italia, anche in età adulta. Nel nostro Paese continua perciò a prevalere un controllo di tipo informale e un atteggiamento positivo e permissivo nei confronti del consumo, a patto che avvenga entro i limiti socialmente accettati. Ciò che emerge è che gli stili del bere dei giovani non sono tanto l’espressione di una rottura, ma piuttosto di una continuità rispetto a quegli degli adulti. Esiste verosimilmente un “circuito della persuasione” che riporta in ordine nella maggioranza dei casi gli eccessi della fase sperimentale. In Finlandia al contrario permane lo sforzo di ridurre i consumi attraverso il controllo formale, mentre l’alcol continua a suscitare sentimenti ambivalenti di paura e fascino, collegati prevalentemente ai suoi effetti intossicanti”.

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