In un mondo che va alla rovescia, e sembra regredire, tra guerre, nazionalismi, barriere, violenze, indifferenza e catastrofi ambientali, e che oggi gli dice addio da ogni angolo del pianeta, anche il più remoto, Papa Francesco, che, ieri, nel lunedì dell’Angelo, “è tornato alla casa del Padre”, ci ha reso tutti “custodi del Creato”, nostra “sorella Madre Terra, la quale ci sostiene e ci governa”, perché non è solo una questione ecologica, ma antropologica, oltre ogni credo, origine, sesso ed età, ma in quanto esseri umani e “uniche creature consapevoli della bellezza”. Nel suo Pontificato, tra i numerosi suoi lasciti, ci ha insegnato quello che ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare per sé, per gli altri e per la nostra “casa comune”, senza perdere “la speranza che non delude, non è evasiva, ma impegnativa, non è alienante, ma responsabilizzante” (come ha ribadito nell’Urbi et Orbi della Pasqua, il suo ultimo messaggio in cui c’è tutto Francesco, come è stato detto). Lo ha indicato nelle Encicliche “Laudato Si’” (2015), la prima di un Pontefice integralmente dedicata alla “cura della casa comune” e che, con la definizione dell’“ecologia integrale”, secondo la quale la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano “connessi”, è divenuta un faro per quanti, anche al di fuori del mondo cattolico, si battono per la salvaguardia del bene più prezioso del pianeta terra, la sua integrità e biodiversità, e “Fratelli tutti” (4 ottobre 2020, giorno di San Francesco di Assisi), in cui la fraternità e amicizia sociale sono le vie indicate da Papa Francesco per costruire un mondo migliore, più giusto e pacifico, con l’impegno di tutti, popolo e istituzioni, ribadendo con forza il no alla guerra e alla globalizzazione dell’indifferenza.
“Credo che la testimonianza e l’impegno di Bergoglio in tema di apertura della Chiesa cattolica sia alla base del suo pontificato. Il nostro rapporto è solo una piccolissima goccia. Piuttosto, l’attenzione verso le tematiche ambientali, la capacità di coniugarle in maniera indissolubile alle grandi crisi sociali del nostro tempo, il vero esempio in termini di accoglienza, misericordia e rispetto per ogni tipo diversità, tutto ciò, a mio modo di vedere, permette di identificare questo grande Papa come la figura più rivoluzionaria del XXI secolo”, scrive Carlin Petrini, fondatore Slow Food, “amico” di Papa Francesco (da una storica telefonata del Santo Padre al gastronomo per congratularsi per il lavoro fatto con Terra Madre, ndr), che lo chiamava un “agnostico pio, perché prova pietas per la natura” (come lo ha definito invitandolo ad intervenire al Sinodo Panamazzonico, nel 2019, in Vaticano), ed autore dell’introduzione e della Guida alla lettura della “Laudato si’”. Un’Enciclica dalla quale sono nati il ““Borgo Laudato sì”, un “laboratorio di ecologia integrale” voluto da Francesco nella residenza pontificia di Castel Gandolfo in cui l’agricoltura è protagonista, e “L’Economia di Francesco”, il movimento mondiale di giovani economisti promotori di un’economia sostenibile. Ed alla quale oggi si ispirano le azioni di Slow Food, con Petrini che, con l’allora vescovo di Rieti, oggi di Verona, Monsignor Domenico Pompili, è promotore delle “Comunità Laudato si’” per tradurla in azioni concrete, e autore anche del libro “TerraFutura - Dialoghi con Papa Francesco sull’ecologia integrale”, ma anche il “Manifesto di Assisi” (che vede in prima linea la Fondazione Symbola, guidata da Ermete Realacci, e della quale fa parte anche WineNews). Senza dimenticare che il Pontefice ha scritto la prefazione de “Il gusto di cambiare. La transizione ecologica come via per la felicità”, il libro-confronto tra Petrini e Gaël Giraud, economista, matematico e teologo francese e gesuita, e una lettera inviata ai contadini e al mondo dell’agricoltura riuniti nell’ultimo Salone del Gusto Terra Madre 2024 a Torino.
Papa Francesco “ha portato tutto il mondo cattolico non solo all’interno delle tematiche ecologiche, ma lo ha schierato in prima linea nel denunciare che dal grido, assordante ma inascoltato, della Terra deriva un livello di sofferenza sempre più crescente tra gli uomini. I primi a patire gli effetti di una crisi climatica e sociale galoppante, inoltre, sono sempre i più emarginati, sia geograficamente, sia all’interno di ogni singola società. Ed ecco che l’origine sudamericana di Bergoglio, nel cui sangue, ci tengo a dirlo, scorre anche una buona dose di piemontesità, ha avuto una grande influenza”, dice Petrini, definendolo un “figlio della saggezza contadina”, e affermando che “Francesco è colui che ha segnato il nostro tempo, rinnovando un aspetto determinante per la nostra umanità: la spiritualità. La strada da lui segnata apre così le porte a una spiritualità più attenta e coscienziosa di ogni altra forma di vita” (in un articolo a sua firma sul quotidiano “La Repubblica” e intervistato da “La Stampa”).
Nei suoi 12 anni di pontificato, dal 13 marzo 2013, Francesco è stato, come è noto, un Papa di primati: il primo a essere nato nelle Americhe e “arrivato dalla fine del mondo”, il primo gesuita e il primo a scegliere il nome di Francesco, come San Francesco di Assisi Patrono d’Italia, instaurando un rapporto immediato con i fedeli e soprattutto con gli ultimi, rappresentati dai popoli più poveri del mondo, in guerra, dalle Americhe all’Africa, fino all’Estremo Oriente (dove tante volte si è recato, come San Francesco) ai carcerati; è stato il Papa delle “3 T”, terra, casa e lavoro (“tierra, techo, trabajo”), e che si è battuto contro la cultura dello scarto; che ha promosso la creazione di “ponti, non muri” (fin dal suo primo viaggio, appena eletto al soglio pontificio, a Lampedusa, nel 2013); che ha detto come nella “Chiesa c’è spazio per tutti”; il primo a nominare una donna a capo di un dicastero vaticano; per il quale la guerra, da quella tra Russia e Ucraina a quella tra Israele e Palestina, è “una sconfitta”, e il “meticciato è il volto di un futuro in cui, di conseguenza, ci saranno meno guerre”; il primo Papa a partecipare a un vertice del G7, nel 2024 in Puglia, in cui anche l’agricoltura ha avuto un ruolo centrale nel dibattito tra i grandi della Terra; che ha dato il via al Giubileo 2025; ma che è stato anche il più comunicativo, mostrando da subito semplicità, immediatezza e spontaneità - dalle immagini in cui prega da solo per la fine della pandemia in una Piazza San Pietro a Roma deserta, a quelle con Roberto Benigni nella prima “Giornata Mondiale dei Bambini” che ha istituito, dal volume “Spera”, prima biografia di un Pontefice (2025), al messaggio al Festival di Sanremo 2025 - e riuscendo così a raggiungere anche i più giovani (con milioni e milioni di followers sui social); ed è stato il Papa del dialogo con tutti i più grandi leader della Terra, anche in relazione a temi come l’ambiente e l’agricoltura (il primo, anche ad entrare nel Senato italiano); il Pontefice che, nel suo ultimo appello “a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche”, nell’Urbi et Orbi della Pasqua, ha chiesto di “non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace: quelle che costruiscono il futuro”.
Un Papa per il quale, infine, “sorella” è anche la nostra “morte corporale, dalla quale nessun uomo che vive può scappare”, come scrive San Francesco nel “Cantico delle Creature”. Ma, Francesco, ci ha insegnato anche “che non dobbiamo mai smettere di sognare, e dobbiamo farlo nella quotidianità”.
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