Tra la crescita del private label, di packaging alternativi alla bottiglia di vetro, il boom di vini low alcol ed una crescente attenzione alla sostenibilità, anche nei trasporti di vino, e non solo nella fase produttiva, il vino sfuso sembra avere il vento in poppa. Un segmento che genera valori non enormi nel complesso del mercato del vino (si parla di 2,4 miliardi di euro), ma muove 32 milioni di ettolitri, ovvero oltre il 32% del vino commercializzato nel mondo, almeno tra agosto 2022-agosto 2023, secondo i dati della World Bulk Wine Exhibition, andata in scena, ad Amsterdam, nei giorni scorsi. Da cui, come detto, emergono quattro trend principali. A partire dal “private label”, che, spiega la fiera di Amsterdam, “sono motore economico per molte aziende vinicole senza un marchio ben posizionato. Le etichette private sono in voga, tutti vogliono la loro: supermercati, ristoranti, celebrità”. Si parla si un segmento di mercato che, in Italia, come negli Usa, per esempio, vale intorno all’11% del mercato in volume, ma che in Paesi come il Regno Unito, almeno per i vini fermi, è già oltre il 40% del totale. Inoltre, il vino sfuso si presta a “metodi di confezionamento alternativi, visti come soluzione migliore per ampliare le opportunità di consumo e raggiungere i consumatori più giovani: vini in brik, ma anche bottiglie di cartone, bottiglie piatte”, e così via. C’è poi il tema della sostenibilità: “si parla molto di sostenibilità in vigna e in cantina, ma non sembra molto sostenibile bere un vino biodinamico che ha viaggiato dal Cile alla Francia. La vera sostenibilità è l’impegno a ridurre l’impronta di carbonio che comportano l’esportazione di vino sfuso e l’imballaggio a destinazione (che sia in bottiglia o meno)”, commenta ancora una nota della World Bulk Wine Exibithion. E, infine, c’è il tema del “no & low alcol”: “il futuro e la fedeltà delle nuove generazioni dipendono dall’offerta di prodotti più adatti ai loro gusti e in grado di essere competitivi, come i vini analcolici e vini a bassa gradazione alcolica. Ed i vini senza marchio hanno una grande opportunità in questo senso”. Il problema, però, resta il valore. Perchè stando ai dati di cui sopra, il valore medio di un litro di vino sfuso, è intorno a 0,7 euro. Troppo poco, evidentemente, perchè sia davvero remunerativo ed economicamente sostenibile.
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