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Prosecco, dal grande successo a qualche criticità da risolvere. Da questioni ambientali (oggi su Corriere della Sera e stasera a “Report”) ai produttori del Carso che hanno “prestato” il nome al celebre vino, ma aspettano ancora quanto loro promesso

Senza dubbio, il vino italiano di maggior successo degli ultimi anni, è il Prosecco. Ma il vino attualmente più glamour dell’Italia enoica, dopo una crescita strabiliante, ora si trova a dover gestire qualche criticità. Ci metterà, questa sera, “il naso” Report (in onda su Rai 3, alle ore 21,30) guardando ai problemi di uno sviluppo quasi senza freno in termini di vigneti che, secondo alcuni, porta con sé problemi ambientali e di riduzione della biodiversità (oltre anche ad un certo spopolamento di alcuni piccoli borghi). E ci ha messo “il naso”, dalle pagine di www.corriere.it, anche il giornalista Gian Antonio Stella ripercorrendo la storia recente del vino Veneto-Friulano. Ma che di Friulano, stando alle dichiarazioni di oggi del Corriere della Sera e delle anticipazioni della trasmissione di Rai 3 Report, ha soprattutto il nome del luogo (e cioè quello che garantisce al di là di ogni questione legale la forza della denominazione di origine controllata e/o garantita che, appunto, fa riferimento ad un luogo) e un po’ meno i ritorni economici, che, sono concentrati in massima parte nel Veneto.
Una questione già emersa e che è stata rilanciata anche dai diretti interessati. “Ci sentiamo presi in giro - afferma, oggi all’Agenzia Ansa, Franc Fabec, presidente dell’Associazione Agricoltori-Kmecka Zveza che raggruppa la maggior parte degli agricoltori del Carso triestino,  - il nome del nostro territorio, Prosecco, tutela nel mondo miliardi di bottiglie, ma la quasi totalità degli impegni presi nel 2009 per lo sviluppo del territorio non è stato mantenuta”.
Il vino italiano più venduto nel mondo con oltre 400 milioni di bottiglie e più di 2 miliardi di fatturato, infatti, sembra essere quasi esclusivamente “made in Veneto”. Nel 2009, le associazioni agricole di categoria della provincia di Trieste, la Regione Friuli Venezia e il Ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia, firmarono un protocollo d’intesa che legava il vino Prosecco prodotto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia al nome della frazione di Prosecco, che si trova sul Carso a pochi chilometri da Trieste.

In cambio dell’uso del nome di Prosecco, Ministero delle Politiche Agricole e Regione si impegnarono ad avviare una serie di iniziative per lo sviluppo agricolo e la promozione dei prodotti agricoli tipici della zona. Ma “quel protocollo - continua Fabec, sempre oggi all’Agenzia Ansa - è rimasto praticamente lettera morta.
Il nostro vino è stato e continua ad essere la Glera. Siamo molto scontenti e siamo stanchi di aspettare. Che siano royalties, diritti di copyright, o qualunque altra cosa, siamo convinti che è arrivato il momento che quegli impegni siano mantenuti e che si faccia qualunque cosa che riesca a portare beneficio al nostro territorio”.

Critiche alle bollicine venete in riferimento all’inchiesta di Report, sono arrivate anche dai deputati del M5S in Commissione Agricoltura con i parlamentari del Veneto, perché “il Prosecco non può macchiarsi dell’abuso dei pesticidi, tra cui il glifosato, che vengono dispersi sui vitigni con marchi di qualità Doc e Docg senza tenere conto dei rischi per l’ambiente e la salute delle comunità locali. Tra le diverse criticità permangono quelle relative alla sostenibilità ambientale”, spiega la deputata 5stelle Silvia Benedetti, nel precisare che “dai processi di produzione vanno eliminate in modo definitivo alcune sostanze chimiche che invece vengono ancora utilizzate in territori, come appunto quelli del Prosecco, dove si producono eccellenze famose in tutto il mondo. Chiediamo che, nel rispetto della mozione del M5S “anti pesticidi” approvata in Parlamento oltre un anno fa, la filiera vitivinicola tenga conto dell’integrazione tra ambiente produttivo e attività umane e riveda il modo in cui utilizza i fitosanitari, investendo una parte dei guadagni nelle tecnologie applicate per garantire maggiori standard di sostenibilità, che vadano dalla riduzione al recupero fino alla progressiva eliminazione dei pesticidi e tutelando l’ambiente e la salute delle popolazioni locali”.

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