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Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto per l’indicazione di origine obbligatoria per latte e prodotti lattiero-caseari. Esulta Coldiretti: “finalmente finito l’inganno del falso made in Italy”, afferma il presidente Roberto Moncalvo

Con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio, del decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (Ue) n. 1169/2011”, firmato dai Ministri Martina e Calenda, è ora obbligatoria l’indicazione di origine per il latte e i prodotti lattiero-caseari: dopo l’esaurimento delle confezioni preparate precedentemente all’entrata in vigore del decreto, sarà quindi obbligatorio per ogni produttore indicare chiaramente l’origine del prodotto, dal paese di mungitura a quello di confezionamento e/o trasformazione, e se sia o no un paese membro dell’Unione Europea. Un evento “storico, che pone finalmente fine all’inganno del falso “made in Italy”, con tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia che sono stranieri, cosi come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, senza che questo sia stato fino ad ora riportato in etichetta”. A dirlo Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti.
Il provvedimento, prosegue Moncalvo, “è stato fortemente sostenuto da Coldiretti, e rappresenta un importante segnale di cambiamento a livello nazionale e comunitario.
Il via libera risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani, che secondo la consultazione pubblica online del Ministero delle Politiche Agricole, in più di 9 casi su 10, considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione”.
Il provvedimento, sostiene l’associazione di categoria, è scaturito dalla “guerra del latte” scatenata lo scorso danno da Coldiretti contro le speculazioni insostenibili sui prezzi alla stalla, e starebbe portando ad un sostanziale aumento dei compensi riconosciuti agli allevatori, senza oneri per i consumatori. Un provvedimento che tutela un sistema produttivo, come quello italiano, la cui qualità “è garantita da livelli di sicurezza e qualità superiori grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario, con la leadership europea con 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione. L’obbligo di indicare l’origine in etichetta”, prosegue la nota Coldiretti, “salva dall’omologazione l’identità ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale, e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni, che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale”.
Una battaglia vinta per i prodotti tricolori, ma la guerra prosegue: l’etichetta resta infatti anonima per circa un terzo della spesa, dai salumi ai succhi di frutta, dalla pasta al latte a lunga conservazione e dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti. Due prosciutti su tre vengono venduti come italiani, ma provengono da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure i succhi di frutta - o il concentrato di pomodoro dalla Cina, i cui arrivi sono aumentati del 379% nel 2015, per un totale di 67 milioni di chili.
A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergere di casi di encepalofatia spongiforme bovina nel 2002, mentre dal 2003 è obbligatorio indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 è entrato in vigore il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Il prossimo passo - conclude Coldiretti - è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nella pasta, come previsto nell’apposito schema di decreto che è condiviso dai Ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e che è già stato inviato alla Commissione Europea.

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