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Questione di gusto: gli italiani promuovono l’evoluzione qualitativa di pasta, vino, birra, gelato e cioccolato, ma bocciano frutta e verdura: a dirlo l’Osservatorio Ortofrutta by Ismea-Agroter

Mangiare sano è anche questione di gusto. Ma se gli italiani promuovono l’evoluzione ed il miglioramento dei sapori di prodotti come pasta, gelato artigianale, vino, birra e cioccolato, i giudizi sono meno positivi per frutta e verdura. Emerge dall’Osservatorio Ortofrutta di Ismea - Agroter che sarà presentato a Rimini l’8 maggio, alla vigilia del Macfrut, fiera di riferimento per il settore ortofrutticolo (9-11 maggio, www.macfrut.com), in “Think Fresh - Il valore al centro” (http://thinkfresh.it).
Nel dettaglio, Agroter, in partnership con Toluna, ha analizzato i comportamenti di 3.000 responsabili acquisto rappresentativi delle famiglie italiane. E sul fronte della qualità percepita, per il gelato artigianale i giudizi positivi (qualità decisamente migliorata e migliorata) sono il 57%, per la birra il 54%, per il cioccolato il 51%, per il vino 49%, ma anche per un prodotto maturo e quotidiano come la pasta il 40% degli intervistati ritiene che la qualità sia migliorata. Il 33% degli italiani, invece, dà giudizi negativi (gusto peggiorato o decisamente peggiorato) sulla frutta fresca e il 27% sulla verdura fresca. Scendendo più in profondità, il sapore dei pomodori è peggiorato per il 56% dei consumatori, quello delle fragole per il 54% e poi ancora albicocche (36%), ciliegie (32%) e meloni (29%).
“Il responso è lapidario: se chiediamo agli italiani di esprimersi sull’evoluzione del gusto di vari prodotti alimentari - anticipa i risultati della ricerca Roberto Della Casa, docente di marketing all’’Università di Bologna e fondatore di Agroter - vediamo che per articoli molto in voga in questo momento, come gelato artigianale, vino, birra e cioccolato, un’importante quota di consumatori pensa che le loro caratteristiche qualitative siano migliorate. Cosa che non succede per l’ortofrutta”.
Aspetto che, ovviamente, si riflette anche sul fronte economico.
Il primo trimestre 2018 registra consumi stabili sul fronte dei volumi di ortofrutta fresca (incluso IV gamma e frutta a guscio), ma, come testimoniano i dati dell’Osservatorio, in Italia si continua a perdere valore: nei primi tre mesi dell’anno la flessione è del 2,5% sul 2017, a fronte di un +0,7% dei quantitativi venduti.

“I consumi sono fermi al palo - commenta Della Casa - e l’ortofrutta italiana perdere ancora valore. Se il gennaio nero di quest’anno (-2,8% a volume e -3,1% a valore) poteva trovare una giustificazione dal paragone con i dati di gennaio 2017, quando per le gelate i prezzi dei prodotti ortofrutticoli erano schizzati in alto, i trend negativi di febbraio e marzo portano a credere che sia assolutamente necessario intervenire per aumentare il valore percepito dell’ortofrutta. Oramai gli unici incrementi nei consumi si notano nei mesi estivi, quindi per effetto dell’andamento climatico, senza nessuna componente strutturale: per aumentare i consumi di frutta e verdura - rimarca il docente - bisogna lavorare sul valore, per questo abbiamo dedicato Think Fresh a questo aspetto cruciale per il futuro dell’ortofrutta italiana: bisogna rimettere il valore al centro delle strategie. Freschezza e gusto sono i due driver principali per guidare i consumi di ortofrutta. C’è una quota sensibile di italiani che dichiara come i prodotti, una volta acquistati, a casa non si conservino nemmeno per il tempo utile a consumarli; ma la freschezza è ormai considerata un prerequisito per buona parte degli alimenti. La nuova chiave di lettura è la soddisfazione gustativa e i dati che emergono per frutta e verdura non sono confortanti”.
La ricetta? “Un ripensamento complessivo della filiera volto a conferire caratteristiche qualitative adeguate e continuative ai prodotti ortofrutticoli. Un percorso che deve partire dalla genetica, passando alla qualificazione del lavoro nei campi e all’impiego di tecnologie che permettono di selezionare frutti con adeguati standard, fino alla valorizzazione di questi prodotti nel punto vendita, attribuendogli un nome, una marca riconoscibile dal consumatore, che sia sinonimo di garanzia”.

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