L’agricoltura italiana paga il dazio di una ridotta redditività, che impongono scelte coraggiose e drastiche che Confagricoltura rilancia al Governo e alle istituzioni. Secondo i dati Eurostat, fatto pari a 100 il reddito agricolo medio per addetto nel 2000, in Italia tale valore è sceso di circa il 20% nel 2008, attestandosi a 81,5, con l’Unione Europea a 27 che al contrario è salita del 17%, arrivando a 117,2. Mentre sono aumentati i costi di produzione (+9,2%) in misura superiore all’aumento dei prezzi all’origine.
L’agricoltura è una parte importante dell’economia italiana che può aiutare il Paese a battere la recessione, ma anche alla luce di questi dati, secondo Confagricoltura, servono azioni che favoriscano una maggiore efficienza delle filiere strategiche, dalla zootecnia all’ortofrutta, fino alla produzione di energia rinnovabile.
Ciò abbattendo i costi di produzione - grazie ad un ammodernamento delle strutture e dei processi produttivi, grazie a politiche di innovazione e di investimento, anche in rapporto a fattori di produzione critici come l’acqua - e con l’appoggio concreto del mondo della ricerca e dei servizi finanziari.
Grazie ad un nuovo rapporto con il mondo della ricerca, afferma Confagricoltura, si può garantire un sufficiente grado di auto-approvvigionamento, e filiere più leggere ed efficienti “dalla terra alla tavola”, con benefici sia per gli operatori che per i consumatori.
Filiere che consentano di portare sul mercato italiano e mondiale un prodotto competitivo, con caratteristiche superiori ed un giusto rapporto qualità/prezzo. Per raggiungere questi fondamentali obiettivi Confagricoltura propone e auspica un’intesa tra le aziende e il mondo universitario, affinché si realizzi quella saldatura che finora è mancata tra esigenze delle imprese e attività di studio e ricerca per far crescere e sviluppare il settore.
Le sinergie all’interno della filiera e la ricerca universitaria “applicata”, ritagliata cioè su misura alle esigenze delle imprese, sono due strade obbligate per rilanciare l’agroindustria in un’ottica di competitività e sostenibilità.
Il messaggio che i docenti universitari Giampaolo Cesaretti (Università di Napoli), Alessandro Pacciani (Università di Firenze) e Flaminia Ventura (Università di Perugia) lanciano dal palco del Forum di Confagricoltura, in corso a Taormina, è univoco: fra i ruoli che il mondo universitario deve assolvere, c’è anche quello di creare gli imprenditori del futuro.
Declinato in un’ottica prettamente agricola, la missione dell’Università, secondo il professor Pacciani, è quello di “mettere a punto progetti in grado di rilanciare effettivamente lo sviluppo rurale, prevedendo strumenti di governance per il territorio e per la filiera, cercando, guardando il caso concreto, di superare le difficoltà che si sono riscontrate nei Piani di sviluppo rurale nell’attuare i progetti concordati”.
Ma come operare? Flaminia Ventura non ha dubbi a riguardo. “Bisogna orientare la ricerca seguendo dinamiche interdisciplinari, di territorio, rivolte al mercato, alle imprese e alle nuove sfide - sostiene Ventura -. Prendiamo ad esempio il concetto di qualità: si tratta di un concetto reale, ma frutto di un processo di innovazione continua, così come la politica alimentare, che sarà uno dei grandi temi del futuro e che deve essere identificata come garanzia di sicurezza dei prodotti”.
In attesa che il binomio fra Università e impresa venga perfezionato ulteriormente e applicato in tutti i suoi risvolti concreti, molti segmenti dell’agricoltura e dell’agroindustria hanno sviluppato strategie di filiera per aumentare la redditività complessiva. Molte idee e progetti a breve o medio-lungo termine.
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