Non arriva come un fulmine a ciel sereno, ma il Decreto Ministeriale che dovrà adeguare l’attuale quadro legislativo del Decreto Ministeriale del 13 agosto 2012, al nuovo regolamento Ue n. 33/2019 e alla legge n. 238/2016, contenente l’elenco delle varietà di vite o sinonimi distintivi costituenti una Dop, eliminerà un passaggio fondamentale per alcune denominazioni storiche del Belpaese, questo: “la protezione si applica al nome intero, compresi i suoi elementi costitutivi, purché siano di per se distintivi. Non sono protetti gli elementi non distintivi o generici di una Dop o di una Igp”. Cosa succede in sostanza? Che venendo meno questo principio, il Ministero delle Politiche Agricole ha ritenuto di eliminare dall’elenco 11 Dop, comprese 5 Dop sarde: Cannonau di Sardegna, Nuragus di Cagliari, Nasco di Cagliari, Giro di Cagliari e Sardegna Semidano. Ed è proprio dall’isola che arriva l’allarme: qui, nei giorni scorsi, Assoenologi ha organizzato una tavola rotonda con al centro proprio l’adeguamento alle normative comunitarie e le possibili ricadute sui vini a denominazione di origine protetta della Sardegna.
Ricadute, da un punto di vista vitivinicolo, economico, culturale e storico che rischiano di rivelarsi drammatiche, perché se le nuove regole di adeguamento alle norme comunitarie venissero applicate senza tenere conto della specificità del patrimonio viticolo, della storia e delle tradizioni che contraddistinguono la Sardegna, le cinque Dop, su tutte il Cannonau di Sardegna, non saranno più blindate, ma i vitigni che ne fanno parte potranno essere utilizzati in altri territori e nelle indicazioni in etichetta dei vini prodotti in questi territori, al di fuori della Sardegna. Tra i vitigni più esposti - sottolinea Assoenologi Sardegna, guidata da Marianno Murru, enologo e Responsabile di produzione, ricerca e sviluppo della griffe Argiolas - ci sarà sicuramente il Cannonau, appunto, diffuso e commercializzato in altre Regioni con altri sinonimi e che gode di grande interesse da parte di altri Consorzi di tutela e dei produttori non sardi, per la maggiore notorietà e quindi appetibilità commerciale rispetto ai sinonimi equivalenti (Tocai rosso, Alicante, Gamay del Trasimeno).
Il Cannonau rappresenta per la Sardegna una bandiera, un elemento fortemente distintivo tale da non poter parlare delle tradizioni e della cultura della Sardegna senza includere il Cannonau e viceversa: è uno degli elementi identitari, un simbolo della Sardegna, un legame rafforzato recentemente dalle scoperte archeologiche che ne attestano la presenza sull’isola da migliaia di anni, e da analisi genetiche che mostrano importanti differenze rispetto ai suoi sinonimi. Si muove, ovviamente, anche la politica regionale, con l’Assessore all’Agricoltura, Gabriella Murgia, pronta a chiedere “un confronto al ministro delle Politiche agricole, Bellanova, per tutelare il Cannonau e gli altri vini sardi dalle nuove disposizioni dell’Ue. C’è l’esigenza di proseguire nella tutela e nella protezione di quelle denominazioni che sono intimamente correlate a determinati territori, tradizioni e cultura. È il caso, in particolare, del Cannonau - sottolinea Murgia - la cui tutela ritengo non possa essere né messa in discussione e tanto meno dispersa, dopo sforzi e sacrifici degli operatori del settore”. Il Cannonau, ricorda infine la Coldiretti, è il vino di gran lunga più prodotto in Sardegna al quale è destinato il 27% della superficie vitata dell’isola: 7.411 ettari su 27.217, dei quali 4.875 si trovano nella vecchia provincia di Nuoro.
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