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Scommettono su incremento dei fatturati e impennata dell’export: il “sentiment” sul sistema-vino nel suo complesso è positivo. Così il 2006 visto da 50 cantine più importanti d’Italia, secondo un sondaggio promosso da Winenews e Vinitaly

Italia
Le cantine italiane fanno buone previsioni per il 2006

Le aziende vitivinicole italiane scommettono su un incremento dei fatturati e, soprattutto, su un’impennata delle esportazioni: è il 2006 visto da 50 fra i produttori più importanti del nostro Paese a cui www.winenews.it , uno dei siti d’informazione sul mondo del vino più cliccati d’Italia, in collaborazione con Vinitaly, la rassegna enologica più importante del mondo (6/10 aprile 2006), ha chiesto come vedono il nuovo anno appena iniziato. E l’ottimismo non abbandona gli imprenditori del vino neppure sul loro “sentiment” a proposito del comparto nel suo complesso: il 50% delle aziende “sondate” sente “a pelle” che il 2006 sarà un anno positivo, l’altro 50% lo reputa in prospettiva abbastanza positivo.

La riscossa, ad almeno 4 anni di “lacrime e sangue”, parte, dunque, dalle aziende, ma gli imprenditori del vino italiano dimostrano anche di non perdere il contatto con la realtà e, anzi, dimostrano di stare bene con i piedi piantati per terra. Il presente, e soprattutto il futuro, rimangono incerti, ed è impensabile che il mercato del vino, pur dimostrando una ripresa incoraggiante, possa essere completamente uscito da una pesante crisi forse mai vista prima. Ed ecco allora le aziende stilare una sorta di “classifica” delle preoccupazioni più impellenti che vede ai primi tre posti la concorrenza dei paesi del Nuovo Mondo, le incognite economico-politiche e la possibile perdita di competitività internazionale. Seguono, poi, una generica incertezza sul futuro, problemi valutari e, da ultimo, la debolezza dei consumi.

Ma le aziende vitivinicole italiane hanno anche fornito una “ricetta” per rafforzare le posizioni e la concorrenzialità del vino made in Italy nel mondo. Da più parti è stata evocata l’opportunità di aumentare gli investimenti sulla formazione e quelli rivolti alla conquista di nuovi mercati. Altri hanno invece stigmatizzato la necessità di una riconsiderazione complessiva delle politiche di promozione attuate dal nostro Paese, invitando le istituzioni ad un intervento più incisivo, a partire da un piano ad ampio respiro sul modello, per esempio, di quello australiano. Altri ancora hanno auspicato un avanzamento legislativo del comparto sia in sede comunitaria che nazionale, per snellire i pesanti obblighi burocratici del settore vitivinicolo.

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