Dopo una lunga battaglia, tutta politica, iniziata nel 2012, il prezzo minimo sugli alcolici, in Scozia, è realtà. Nata come proposta volta a garantire la salute pubblica, seriamente minacciata da un rapporto con l’alcol a dir poco malsano (basti pensare che nel solo 2016 i morti relazionati all’abuso di alcol sono stati 1.265, in un Paese di appena 5,3 milioni di abitanti), ed i consumi di qualità, è stata accolta, come previsto, in maniera assai diversa dai diversi player del mercato degli alcolici. Scettica la posizione della Wine and Spirits Trade Association, che ritiene il MUP (Minimum Unit Pricing) una misura “inefficace per cambiare le abitudini di consumo degli scozzesi”. Di certo, l’impatto sulla bottiglia di vino è importante: a prescindere dalla qualità, non potrà arrivare sullo scaffale ad un prezzo inferiore ai 5,70 euro a bottiglia (0,57 euro, ossia 50 penny, per unità alcolica, ndr). Allo stesso modo, una bottiglia di distillato o liquore avrà un prezzo minimo di 15,90 euro, ed un pacco di sei lattine di birra da 500 ml di 4,50 euro. Da parte della Scotch Whisky Association, invece, arriva una certa condivisione di vedute con il Governo, mentre dai vertici di Tennent’s, la birra più bevuta in Scozia, come racconta il “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com), viene addirittura rivendicato l’appoggio alla misura sin dalla prima ora. Ciò su cui tutti convergono, è la richiesta di un monitoraggio costante e rigoroso, così da capire l’efficacia e la portata di quella che, da qualunque parte la si guardi, è una piccola rivoluzione, che rischia però di punire troppo severamente i bevitori moderati e gli alcolici di qualità media, i cui prezzi lieviteranno inevitabilmente.
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