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LA RIFLESSIONE

Specializzazione delle produzioni, e bollicine: i main trend delle Denominazioni del vino italiano

A WineNews, il presidente del Comitato Vini, Michele Zanardo: “tante le Dop e Igp d’Italia, ma hanno un valore culturale, e non solo numerico”
COMITATO VINI, DENOMINAZIONI, DOP, IGP, MICHELE ZANARDO, Italia
Il presidente del Comitato Nazionale Vini Dop e Igp, Michele Zanardo

Le tante denominazioni ed indicazioni geografiche del vino italiano, da un lato, sono espressione della grande varietà e diversità della produzione italiana, ma, dall’altro, possono complicare le cose in termini di mercato e tutela, soprattutto quanto si contratta cosa e come tutelare in sede di accordi internazionali, ma vanno inquadrate da un punto di vista anche culturale, oltre che soltanto numerico. E dai disciplinari di produzione, e dalla modifiche richieste o introdotte negli ultimi mesi, emergono due tendenze assai chiare: la voglia dei produttori e dei Consorzi di specializzare sempre di più la produzione, e l’intenzione di agganciarsi sempre di più, dove la storia lo consente, il trend di crescita del consumo di spumanti. Spunti che emergono dalle parole di Michele Zanardo, presidente del Comitato Nazionale Vini Dop e Igp, una sorta di “Corte Costituzionale” del vino italiano, che sovrintende alle modifiche dei disciplinari di produzione dei vini, ma non solo.

“È vero che il numero delle nostre denominazioni è elevato, si parla di 332 Doc, 74 Docg, 118 Igt. Numeri molto alti, che, però, sono indice di quella che è la diversità territoriale, di vitigni e di influenze culturali - sottolinea Zanardo - che, in Italia, ci sono state e che hanno plasmato la struttura del sistema vitivinicolo italiano. Poi bisogna fare un altro ragionamento, che è quello di carattere commerciale, ovvero capire che ci sono denominazioni che fanno grossi numeri, altri che se ne fanno di minori, ma se si lascia da parte la sola logica dei numeri, si capisce anche che piccole denominazioni sono importanti per determinate aziende, sono denominazioni bandiera, e si deve forse riportare l’attenzione sull’aspetto culturale delle denominazioni. Detto questo, sono dell’idea che le denominazioni che non vengono utilizzate, o sono utilizzate in minima parte, devono essere riviste nella loro modalità di impiego. La verità, però, è che più piccoli sono gli ambiti di produzione e più specifiche sono le denominazioni, e minori sono le risorse per far crescere i volumi, e anche le capacità di esposizione sui mercati esteri, e su questo la grande sfida è creare una forma di promozione che dia pari dignità ai piccoli Consorzi e alle piccole Denominazioni”.

Denominazioni il cui raggiungimento, o “upgrade”, è spesso annunciato come punto di arrivo per un territorio ed i produttori, mentre forse è più da vedere come punto di partenza.

“Sono perfettamente d’accordo - commenta Zanardo - e credo che oggi la nostra normativa e l’attività del Comitato Vini siano orientate a riconoscere gli step di valore aggiunto nel momento in cui ci sono le credenziali per farlo. Il particolare pregio, nei passaggi da Doc a Docg, ma anche da Igt a Doc, le caratteristiche produttive, i dati analitici e sensoriali dei vini, sono elementi che compongono una struttura solida, che viene consolidata poi nella valutazioni che si fanno in Comitato.
Sottolineo anche che abbiamo avuto un gran lavoro da fare negli ultimi mesi, veniamo da una sosta di quasi 9 mesi dovuta al passaggio tra il Comitato precedente, di cui ero vicepresidente, e quello nuovo (legato anche al cambiamento di Governo e ai tempi di nomina del Comitato stesso da parte del Ministero delle Politiche, e oggi siamo ad un numero di pratiche trattate importanti, trattate in poche riunioni”.

E dall’analisi di tanti disciplinari, e delle modifiche richieste, emergono dei trend generali piuttosto evidenti.

“Si percepisce la una volontà di specializzare la produzione, oltre che di andare incontro alle esigenze che si manifestano nella gestione della vite, dall’attenzione al consumo idrico, alle forme di allevamento più specializzato. Ma c’è una tendenza commerciale che si sta manifestando sul tema degli spumanti, e su questo c’è una attenzione particolare, tant’è che alcuni disciplinari, oltre a modificare quanto esiste, magari sul piano dei livelli di zucchero e così via, hanno visto l’inserimento di nuove tipologie di spumanti, seguendo comunque dei percorsi storici che magari non erano contemplati, in alcune denominazioni. In linea generale, comunque, l’idea principale dei Consorzi è di specializzare la produzione, e portare il prodotto verso quelle che sono le peculiarità territoriali, tema su cui l’attenzione è davvero alta e su cui c’è la volontà generale di fare sempre meglio”.

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