Da una parte la Gran Bretagna, che, dopo l’uscita dall’Unione Europea, ha bisogno di stringere nuovi e proficui accordi commerciali, dall’altra l’Australia, ormai lontanissima dalla geograficamente vicina Cina, e in cerca di mercati di sbocco per le sue produzioni. In mezzo, il caro vecchio Commonwealth, una libera associazione nata nel 1931 per promuovere la cooperazione tra Regno Unito e le sue vecchie colonie, di cui fa parte ovviamente l’Australia, dal 1942. Ecco le basi dell’accordo di libero scambio, firmato ieri dal Primo Ministro britannico Boris Johnson e dal suo omologo australiano Scott Morrison, dopo un lungo meeting andato in scena a Downing Street lunedì notte. I termini saranno pubblicati e resi quindi noti nei prossimi giorni, ma il valore è di portata storica: si tratta del primo trattato siglato dalla Gran Bretagna dopo l’uscita dalla Unione Europea ufficializzata a gennaio 2020, e segue gli accordi siglati con Giappone e Norvegia, che ricalcavano però quanto previsto dai precedenti accordi con la UE.
Una novità, quella del “free trade agreement” con l’Australia, accolta con grande entusiasmo dalla Wsta - Wine & Spirit Trade Association, perché taglierà sensibilmente i costi di importazioni ed esportazioni tra i due Paesi. Nel 2020, ricorda la Wsta, la Gran Bretagna ha esportato 27 milioni di sterline di Gin in Australia, uno dei pochissimi mercati a crescere nonostante la pandemia, e le aspettative del mondo dei distillati sono di una crescita ulteriore negli anni a venire, sulla spinta dell’abolizione del 5% di tariffe che attualmente grava sulle produzioni Uk esportate a Canberra. Sulla direttrice opposta, la rimozione delle tariffe sul vino australiano rappresenta una novità importantissima per gli importatori britannici. Già oggi, il vino è il primo prodotto agricolo più esportato dall’Australia alla Gran Bretagna, con 230 milioni di bottiglie spedite nel 2020, per un giro d’affari in termini di vendite di 1,5 miliardi di sterline.
Con l’80% del vino che arriva sfuso, ci sarà, senza più le tariffe all’importazione, sempre più spazio per l’industria dell’imbottigliamento e della logistica, ma anche nuove opportunità per i wine merchant indipendenti, che così avranno la possibilità di un’offerta più ampia per i consumatori e i wine lover britannici. “I vantaggi di un accordo commerciale tra Regno Unito e Australia, che porterà al superamento di dazi e quote, è un’ottima notizia per i produttori britannici che esportano vino e alcolici inglesi in Australia, ma anche per gli importatori, in quanto rafforzerà il Regno Unito come hub globale per il commercio di vino e alla fine andrà a beneficio anche dei consumatori del Regno Unito. Vale la pena festeggiare questo annuncio storico, con un bicchiere del tuo vino australiano preferito! Speriamo che ulteriori accordi di libero scambio con altri Paesi vengano ufficializzati presto”, ha commentato Miles Beale, chief executive della Wine & Spirit Trade Association.
Per l’Unione Europea, e per l’Italia in primis, non una buonissima notizia: la Gran Bretagna, ancora oggi, è il terzo mercato per il vino italiano, e senza un accordo tra Bruxelles e Londra, il rischio di perdere importanti quote di mercato è reale. D’altro canto, la rapidità con cui Johnson e Morrison hanno trovato e firmato l’accordo ha lasciato qualche perplessità, come riporta la CNN. “Siamo preoccupati che le tempistiche con cui sono stati affrontati questi negoziati, in particolare l’accordo di libero scambio con l’Australia, siano state troppo rapide, e neghino l’opportunità di un esame e di una consultazione appropriati. I rischi qui sono enormi per l’intera catena di approvvigionamento di alimenti e bevande e, in assenza di una valutazione d’impatto formale che suggerisca il contrario, rimaniamo estremamente preoccupati per l’impatto su settori sensibili della nostra industria”, hanno sottolineato i rappresentanti dell’agricoltura, della filiera e delle industrie alimentari della Scozia.
Le tempistiche, secondo quanto affermato da un portavoce del Premier australiano Morrison, saranno piuttosto serrate: entro novembre verrà finalizzato l’accordo di libero scambio, che entrerà in vigore entro luglio del 2022. Di certo, l’impatto economico sarà molto limitato, come sottolineato da Mark Melatos, professore associato di economia all’Università di Sydney: secondo uno studio che risale al luglio 2020, firmato dal Dipartimento per il Commercio Internazionale britannico, un accordo commerciale a dazi zero con l’Australia dovrebbe aumentare il Pil del Regno Unito dello 0,02% nei prossimi 15 anni. Ad uscirne vincitrice, alla fine, sarebbe l’Australia, che trarrebbe enorme beneficio nell’export di carne e bestiame, entrando in pericolosa concorrenza con i produttori nazionali.
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