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IL TEMA

Un calice con le spine, e la domanda: “quel drink vale la pena per voi?”. Sul “The New York Times”

Immagini forti e titolo provocatorio, in un articolo di Susan Dominus, che fotografa il profondo cambiamento sociale nell’approccio all’alcol
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Il titolo e le immagini forti su vino, alcol e salute del “The New York Times”

Un calice di vino che al posto dello stelo ha un gambo di rosa con le sue spine, un bicchiere di quello che potrebbe essere un whisky con il bordo come una sega di metallo, ed un titolo che insinua il dubbio: “Is That Drink Worth It to You? Alcohol is riskier than previously thought, but weighing the trade-offs of health risks can be deeply personal”, ovvero, “Quel drink vale la pena per voi? L’alcol è più rischioso di quanto si pensasse, ma la valutazione dei rischi per la salute può essere profondamente personale”. E poi, però, un articolo schierato, in modo abbastanza palese, ma molto più equilibrato (come spesso avviene), dove si riafferma, secondo la visione di chi scrive, che non esiste un consumo di alcol sicuro, senza rischio, ma anche che il tema del rischio stesso va chiarito, contestualizzato e spiegato bene, perché se si parla di “aumento di rischio” partendo da un rischio comunque basso, anche l’aumento, a logica, sarà contenuto. E che molto, alla fine, dipende da valutazioni personali sul bilanciamento tra il rischio stesso, il piacere e la funzione sociale del concedersi un drink, come di molti altri prodotti e comportamenti. È la sintesi estrema di un articolo apparso, nei giorni scorsi, sul “The New York Times”, uno dei quotidiani più letti nel mondo e considerato tra i più autorevoli, a firma di Susan Dominus, già nello staff del giornale vincitore del Premio Pulitzer “per il servizio pubblico” per un’inchiesta sugli abusi sessuali nei luoghi di lavoro nel 2018.
Un pezzo che fotografa il cambiamento in atto nei consumi, e soprattutto ben descrive il fortissimo impatto delle campagne antialcol in corso in modo più o meno esplicito un po’ in tutto il mondo, ma anche delle linee guide sui consumi che i vari Governi hanno riscritto, come in Canada, dove viene definito “a basso rischio” un consumo di uno o due bicchieri alla settimana ed “a rischio moderato” un consumo di tre o sei bicchieri, ma dove si stabilisce che non esiste un consumo di alcolici senza possibili rischi per la salute, per quanto moderato, o che stanno riscrivendo, come in Usa, dove si sembra andare nella stessa direzione. “All’inizio degli Anni Novanta del Novecento, alcuni importanti ricercatori stavano promuovendo, e i media hanno contribuito a diffondere, l’idea che il consumo moderato di alcol - per le donne, un bicchiere a sera; per gli uomini, due - fosse legato ad una maggiore longevità. La causa di tale associazione non era chiara, ma i ricercatori teorizzavano che il vino rosso potesse avere proprietà antinfiammatorie che allungavano la vita e proteggevano la salute cardiovascolare. Le principali organizzazioni sanitarie e alcuni medici hanno sempre avvertito che il consumo di alcolici era legato ad un maggior rischio di cancro, ma il messaggio dominante che i bevitori moderati sentivano era di rassicurazione e di incoraggiamento”, scrive tra le altre cose la Dominus. Sottolineando come tutto questo, per molte persone, stia cambiando, e che il messaggio che il bere anche un solo calice è associato a rischi per la salute, ed in particolare al rischio di sviluppare un tumore, come fissato anche sulle etichette di tutte le bevande alcoliche dall’Irlanda, come abbiamo raccontato in passato e “case history” citata anche dal “The New York Times”, sia ormai passato nell’opinione pubblica.
Ma nell’articolo ci si pone anche una domanda fondamentale: “nessuna quantità di alcol fa bene, questo è chiaro. Ma ci si può ragionevolmente chiedere: quanto fa male? Le informazioni che riceviamo sui rischi per la salute spesso sorvolano sulle specifiche del rischio effettivo che una persona corre, come se non fossero dettagli che vale la pena conoscere”. Ed una parte della risposta sta nelle parole di Tim Stockwell, scienziato del Canadian Institute for Substance Use Research e, spiega l’articolo del “The New York Times”, tra i nomi più influenti delle nuove linee guida canadesi, e un tempo tra i sostenitori dei benefici di un consumo moderato di vino, prima di cambiare idea dopo la revisione di alcuni studi in materia. “Stockwell - scrive Susan Dominus - mi ha illustrato i rischi per una donna della mia età: se mi concedevo, per esempio, sei bicchieri alla settimana, ha detto, aumentavo di 10 volte il rischio di morire nella vita per cause legate all’alcol, rispetto a chi beveva solo uno o due bicchieri alla settimana. Questo salto sembrava preoccupante, finché Stockwell non l’ha contestualizzato. Se consumavo sei bicchieri a settimana, il rischio di morire per una causa legata all’alcol era ancora, da qualsiasi punto di vista, mediamente basso: solo l’1%. E se il mio rischio di mortalità per tutte le cause era piuttosto basso - Stockwell mi assicurò che a 53 anni lo era - allora qualsiasi rischio aggiuntivo sarebbe stato chiaramente molto basso”. Ed ancora, ragionando per medie statistiche, da prendere per quello che sono perché per stessa ammissione dello scienziato è impossibile determinare numericamente l’impatto del consumo di alcolici su una singola persona, Stockwell sostiene che bere uno-due bicchieri a settimana equivale ad una settimana di vita in meno, una perdita di longevità che salirebbe a due mesi e mezzo se si bevono sette bevande alcoliche a settimana, mentre chi arriva fino a cinque drink al giorno perderebbe più di due anni di vita. Non mancano poi considerazioni sul tema dei rischi individuali contro quelli collettivi, che, però mescolano i danni (e gli oneri) per la salute pubblica non solo per le malattie alcol correlate, ma anche per comportamenti violenti, incidenti e così via, associati però all’abuso, e non al consumo tout court.
Un articolo importante, comunque, su un giornale importante, che fotografa bene il cambiamento in atto nell’atteggiamento nei confronti dell’alcol e del bere. Con una divisione sempre più “manichea”, come avviene in molti aspetti della vita, e come emerge anche dai commenti degli utenti all’articolo su Facebook. Tra chi definisce l’alcol, senza mezza termini, veleno (“poison”), chi dice che non berrà mai più un bicchiere, chi dice che non rinuncerà mai al suo drink preferito, chi sottolinea ancora che ci sono tanti studi che, invece, sostengono la bontà, per la salute, del bere moderato, chi evidenzia che, a fare male alla salute, ci siano tanti altri fattori come lo stress, il traffico, lo smog e così via, oggi meno sotto i riflettori.

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