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UNGULATI: IL CHIANTI CLASSICO NON CI STA. SONO GLI ANIMALI E I PRODUTTORI, SECONDO IL CONSORZIO DEL CHIANTI CLASSICO, LE VITTIME DI UN SISTEMA DI GESTIONE DEL TERRITORIO CHE DANNEGGIA ECONOMIA E ECOSISTEMA DEL CHIANTI

28.000 quintali di uva distrutti ogni anno, equivalenti a 20.000 ettolitri di vino per una perdita complessiva di 6/8 milioni di euro: ecco i veri numeri che negli ultimi anni ha generato l’invasione degli ungulati nel territorio del Chianti. Numeri che sintetizzano un problema ben più importante di come in certi casi è stato dipinto negli ultimi giorni, numeri che possono mettere in ginocchio le piccole e medie aziende e creare seri problemi a quelle più grandi, soprattutto in momenti difficili come quello dettato dall’attuale congiuntura economica.

L’assemblea del Consorzio del Vino Chianti Classico ha per questo recentemente deciso di promuovere una causa di risarcimento a favore di tutte le aziende associate che possano dimostrare i danni subiti (il 50% degli associati). Un’azione che segue le numerose richieste di intervento rivolte sotto varie forme alle autorità preposte nei mesi scorsi, a cui però non sono seguite risposte adeguate alla portata del problema. Oltre al saccheggio delle uve da parte dei cinghiali, i produttori devono spesso fare i conti con i danni ben più gravi dei caprioli e dei cervidi che divorano i germogli delle piante, compromettendo anche il raccolti dell’anno successivo.

“I produttori del vino sono i primi e più appassionati guardiani del proprio territorio e della natura che lo anima e lo alimenta. Per questo - si legge in una nota stampa - le azioni risarcitorie del Consorzio saranno rivolte verso i soggetti istituzionali e non che hanno la competenza e la gestione operativa della problematica in questione, con particolare riferimento alla Regione Toscana, alle Provincie di Siena e Firenze e alle Atc (Ambiti Territoriali di Caccia)”.

A causa di una politica troppo accondiscendente verso la caccia e di una gestione inadeguata delle aree protette, sono state infatti importate negli ultimi 20 anni specie animali che erano totalmente estranee al territorio. I caprioli non facevano parte dell’originario ecosistema chiantigiano e i cinghiali che oggi popolano queste terre, importati dall’Europa dell’est, sono ben diversi da quelli nativi, sia per la loro stazza che per le loro capacità riproduttive. Così si è prodotto un aumento esponenziale di ungulati in zone dedicate a coltivazioni intensive e, quindi, facilmente danneggiabili.
Ma prima ancora del danno economico i produttori del Chianti Classico denunciano uno stravolgimento pericoloso dell’equilibrio ambientale del territorio condiviso anche da non addetti al settore i quali sottolineano come lo sviluppo incontrollato di cinghiali e caprioli abbia compromesso l’ecosistema del Chianti, visto che ai danni ai vigneti debbono purtroppo aggiungersi quelli ai boschi, alla fauna e alle altre colture agricole.

“Il Consorzio e le aziende chiantigiane, quindi, non possono - si legge ancora in un comunicato stampa - che ribadire ulteriormente la gravità del problema in questione e sollecitare, come già fatto in diverse occasioni, le autorità preposte a prendere atto della reale misura dei danni provocati dagli animali e promuovere un efficace piano di intervento. L’onere della risoluzione del problema è di chi lo ha creato e non dei produttori che ne sono vittime. Il Chianti Classico non chiede tiri al bersaglio selvaggi, ma politiche ragionate per la salvaguardia del proprio ecosistema”.

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