02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)
ATTUALITÀ

Valoritalia: il 2024 anno di consolidamento per il vino italiano. Soffrono i rossi, ma non tutti

Nei primi mesi 2025 imbottigliamenti a -3,3% sul 2024. Giù, in generale, Docg e Igt, salgono le Doc. Il focus di Nomisma sul Canada

2,019 miliardi di bottiglie di vino Dop e Igp immesse sul mercato, un quantitativo inferiore dello 0,46% sull’anno precedente, ma superiore dell’1,4% alla media del periodo 2019-2023, con gli imbottigliamenti aumentati di quasi 110 milioni di bottiglie sul 2019, risultato ottenuto nonostante un contesto globale condizionato da consumi vinicoli stagnanti. Ed ancora uno scenario che vede le denominazioni con una prevalenza totale o parziale di vini rossi subire una contrazione del 6,8%, anche se delle 128 Do che compongono la categoria ben 38 hanno chiuso l’anno con valori positivi, e tra queste alcune importanti denominazioni come Barolo, Brunello di Montalcino, Bolgheri e Maremma Toscana. Ma c’è anche la perdita del 5% delle denominazioni di vini bianchi, con l’eccezione del Pinot Grigio delle Venezie, che guadagna un 3% dei volumi e un balzo importante, del 5%, per gli spumanti da uve bianche, guidati da Prosecco Doc (+7%), Asolo Prosecco Docg (+50%) e Alta Langa (+9,1%). Trend che evidenziano un mutamento delle preferenze dei consumatori e un affermarsi di un diverso stile di consumo. Sono alcune evidenze emerse dall’Annual Report 2025 by Valoritalia, leader nella certificazione vitivinicola con 37 sedi operative in tutta Italia, 219 denominazioni d’origine certificate pari al 56% della produzione nazionale dei vini di qualità per un valore di 9,23 miliardi di euro (di cui 5,3 miliardi Doc, 2,6 Docg, 1,2 Igt, ndr). Lo studio (edizione n. 7), presentato ieri sera a Roma, ha evidenziato l’andamento del settore nel 2024, sottolineando la solidità del mercato del vino tricolore anche in un contesto internazionale decisamente incerto come quello attuale. L’ultimo quinquennio è stato compromesso da una serie di dinamiche inattese che continuano a determinare un quadro di indeterminatezza economica tra l’epidemia di Covid, due guerre in atto e la recente minaccia dei dazi statunitensi. Delle tre tipologie in cui è suddivisa la piramide qualitativa dei vini italiani a denominazione, gli Igt, che l’anno precedente erano incrementati del 16,5%, si sono contratti del 6,3%, anche se i volumi totali restano ancora superiori al livello toccato nel 2022; per il terzo anno consecutivo i vini Docg subiscono una perdita (-2,3%) che ne riporta i volumi ad un livello di poco superiore a quelli registrati nel 2019. E poi i vini Doc che salgono del 2,7%, compensando quasi del tutto le perdite di Igt e Docg. Emerge anche la questione dell’aspetto strutturale che ha un suo peso: più una denominazione è grande, maggiore è la sua stabilità sul mercato. Delle 219 denominazioni certificate da Valoritalia le prime 20 concentrano l’86% dell’imbottigliato e le prime 40 quasi il 95%, mentre le ultime 139 raggiungono a fatica un risicato 1,4%. Ed ancora, il 40% di tutte le denominazioni generano un fatturato non superiore ad 1 milione di euro, mentre, sul lato opposto, solo 26 denominazioni, e quindi il 12%, superano i 50 milioni. La produzione certificata da Valoritala ammonta ad oltre 18,7 milioni di ettolitri, di questi 9,5 milioni sono Doc, quasi 4,1 milioni Docg e 5,1 ad Igt. Per il valore dell’imbottigliato delle principali Do certificate da Valoritalia, il podio è dominato dal Prosecco Doc (2,8 milioni di euro) davanti a Delle Venezie Doc (979 milioni di euro) e Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg (540 milioni di eruo).
“Nonostante il contesto internazionale complesso - ha sottolineato Giuseppe Liberatore, dg Valoritalia - il 2024 si conferma un anno di consolidamento, non brillante ma comunque positivo, con 2,019 miliardi di bottiglie immesse sul mercato, in lieve calo rispetto al 2023 (0,46%) ma in crescita dell’1,4% sulla media degli ultimi cinque anni. Un dato particolarmente significativo che mostra come la filiera italiana mantenga i volumi elevati del 2021, raggiunti con l’inaspettato boom dei consumi dell’era covid, con oltre 110 milioni di bottiglie in più sul 2019, segno di competitività delle nostre imprese anche in momenti difficili come questo”. Per Giuseppina Amodio, direttrice operativa Valoritalia, “i dati evidenziano un progressivo riallineamento tra offerta e domanda, in cui la competitività delle denominazioni non si gioca più soltanto sul valore storico, ma sulla capacità di intercettare dinamiche di consumo sempre più orientate alla versatilità”. Francesco Liantonio, presidente Valoritalia ha aggiunto che “l’elevato numero di denominazioni rappresenta una forza in termini di rappresentanza, ma anche un limite strutturale se non si considerano con sufficiente attenzione gli aspetti organizzativi e dimensionali legati alla rappresentanza dei consorzi. Una limitata dimensione della denominazione comporta, implicitamente, un altrettanto limitata capacità operativa degli stessi che faticano a svolgere le funzioni fondamentali di tutela, promozione e valorizzazione. Per questo motivo, la riforma volontaria del sistema consortile potrebbe essere oggi la chiave di volta per riportare a unità decisionale le frammentate realtà locali. Una direzione sempre più necessaria soprattutto in questo periodo di incertezza geopolitica, calo dei consumi e continua minaccia dei dazi statunitensi che, nonostante non si siano ancora concretizzati, stanno già creando numerose incertezze”. Il report ha posto, inoltre, l’attenzione sui primi mesi 2025 evidenziando un -3,3% degli imbottigliamenti, un calo imputato alla condizione di incertezza legata ai dazi Usa e alla conseguente prudenza degli operatori statunitensi. Su questo tema si inserisce l’indagine incentrata sul valore delle certificazioni percepito da produttori e consumatori con un particolare focus su Italia e Canada, di Nomisma - Wine Monitor. Si tratta di uno studio inedito condotto da un lato sul mondo produttivo italiano, con un campione di 147 imprese vitivinicole, e dall’altro su oltre 2000 consumatori, che evidenzia le differenze e le analogie tra gli intervistati italiani e canadesi. Secondo lo studio, presentato da Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor Nomisma, il 47% delle aziende italiane esportatrici negli States dichiara di aver messo già in atto strategie per diversificare i mercati extra-Ue individuando, tra i Paesi più promettenti, Canada, Regno Unito e Giappone. L’export del vino italiano continua a reggere anche grazie al crescente interesse da parte di nuovi mercati come quello canadese, dove le etichette italiane sono le più consumate tra quelle straniere (secondo il 51% degli intervistati), registrando in questo Paese un volume di importazioni di 442 milioni di euro. L’indagine ha, inoltre, messo a confronto i consumatori italiani e canadesi in termini di comportamenti di acquisto e aspettative legate al futuro del settore. Se per il nostro Paese il principale driver di scelta è il territorio e la Denominazione d’Origine, in Canada si dà più valore al brand della cantina. Sempre dal lato dei consumatori, si è posta l’attenzione anche ai trend in ascesa nei prossimi 3 anni: la crescita dell’interesse verso gli sparkling e vini low alcol, è stata espressa dalla maggior parte degli intervistati, rispettivamente dal 70% e dal 65% dei consumatori di entrambi i Paesi. I canadesi, tuttavia, rispetto agli italiani, mostrano un maggiore interesse per i rosè e per la mixology (74% degli intervistati la ritiene una tendenza in crescita a fronte del 56% degli italiani) ma anche più sensibilità rispetto a criteri come l’utilizzo di bottiglie in vetro leggero che salvaguardano l’ambiente (78% del campione contro il 65% degli italiani). “In questo scenario di forte incertezza per il vino italiano - ha concluso Denis Pantini - l’Osservatorio Nomisma Wine Monitor - Valoritalia ha messo in luce come per le imprese e per i consumatori italiani il ruolo delle certificazioni resta determinante nella scelta di acquisto di un vino. Tra i trend in ascesa, quelli legati ai temi green (e alle relative certificazioni) rappresentano i driver di consumo con maggior probabilità di successo futuro sul mercato (con la sostenibilità che surclassa il biologico), così come quelli dei vini a bassa gradazione alcolica. Nel nostro Paese, invece, i vini dealcolati, non sembrano raccogliere un consenso altrettanto ampio”. La principale tendenza individuata è riferibile alle certificazioni green, considerate prioritarie tanto per i consumatori italiani (81%) quanto per quelli canadesi (74%). Un tema che risulta particolarmente rilevante anche per le aziende del nostro Paese dove il 42% dichiara di aver già messo in atto iniziative concrete sul tema e ben il 26% è certificata con uno standard di sostenibilità.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli