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MASTER OF WINE

Vecchie viti, patrimonio e scuola di vita: così Marco Simonit ai Master of Wine in Symposium

La biosfera della vite al centro del Simposio del prestigioso Istituto inglese con il Preparatore d’Uva unico italiano tra i relatori internazionali
MARCO SIMONIT, MASTER OF WINE, PREPARATORI D’UVA, Italia
Il Preparatore d’Uva Marco Simonit al Symposium dei Master of Wine ne La Rioja

“Sempre di più nei territori del vino più importanti al mondo dove ci chiamano a lavorare, i brand più prestigiosi vogliono proteggere e valorizzare le loro vigne vecchie, per far sì che anche le viti più giovani possano arrivare alla stessa età, ma mantenendo capacità fiosiologica, anatomica e produttiva e potenziale qualitativo, contro un’improduttività dagli alti costi che porta inevitabilmente all’estirpo. Dall’Europa agli Usa, dal Sudamerica all’Australia, avere cioè nei terroir più pregiati piante longeve ma in salute, in grado di resistere alle malattie e al deperimento, dovuti ad una cattiva gestione e a potature sbagliate, ed ovviamente al cambiamento climatico. I tubetti dell’irrigazione come delle flebo non sono più sufficienti, per intendersi, le piante devono essere preparate ed in grado di autosostenersi, per affrontare stagioni in cui non piove per mesi, altrimenti ne va inevitabilmente della qualità dei nostri vini. E vi posso assicurare che questo si può fare”. È la testimonianza, di fronte ad una platea di 400 Master of Wine, di Marco Simonit, alias i Preparatori d’Uva con Pierpaolo Sirch, ideatori del Metodo di potatura ramificata Simonit&Sirch, intervenuto, come racconta a WineNews, al Symposium internazionale n. 9 del prestigioso Istituto inglese, nei giorni scorsi a Logrono ne La Roja, unico italiano tra gli autorevoli relatori internazionali, a confronto su “La biosfera della vite”, ovvero le sue forze vitali primarie che la fanno crescere, rinnovare ed invecchiare condizionando la produzione di vino nei più importanti territori al mondo, con colleghi del calibro di Rosa Kruger, esperta sudafricana “custode” di vecchie viti, e Kees Van Leeuwen, professore di Viticoltura alla Bordeaux University’s Institut des Sciences de la Vigne et du Vin (Isvv), a lungo consulente per Cheval Blanc, con i quali comprendere come intervenire per il futuro e consentire di resistere ai cambiamenti climatici.
“Esistono studi, dimostrazioni pratiche e soprattutto ci sono vigneti che hanno età venerande ma che sono in ottime condizioni - spiega Simonit, a lavoro tra i vigneti delle più importanti cantine di tutta Italia, ma anche di Francia con nomi come Château d’Yquem, Château Latour, Louis Roederer e Moët & Chandon - viti che non hanno mai visto l’acqua in vita loro se non quella naturale, ma che sono state piantate e coltivate con certi criteri, grazie ad un savoir faire non banalizzato, ma adattato ogni volta ai territori ed alle diverse situazioni. Esempi virtuosi, da La Rioja alla Ribera del Douro, che ci fanno riflettere come, non solo in Italia ma in tante parti del mondo, c’è ancora molto da fare per arrivare a capire quale sia la migliore viticoltura e per quale terroir. Confido nella rinnovata curiosità verso i mestieri della vigna, e nell’interesse che ho visto da parte dei Master of Wine, verso l’approccio esperenziale ed ad alti livelli nei territori più importanti al mondo, più che accademico. Lavorare per le più importanti aziende al mondo è un’esperienza quotidiana che ti fa capire tante cose, a partire proprio dal mettere in discussione molte teorie”.
Il futuro? “Complesso. Per prima cosa serve una grande riflessione sull’approccio che abbiamo nella progettazione e realizzazione delle nuove vigne. Ci vuole più attenzione alla preparazione dei suoli, alla loro gestione prima degli impianti, come e a che profondità piantare portainnesti. La loro qualità è fondamentale per la sanità della pianta, e sopratutto per la sua longevità. Ma anche su come gestire le piante nella parte vegetativa e invernale, come potarle, come fare il verde, come allevarle e con quale forma, che non può essere la stessa dalla Valle d’Aosta a Pantelleria. E, soprattutto, in Italia come nel resto del mondo, bisogna investire sul saper fare, per avere persone che sanno fare il loro lavoro in vigna ed intervenire in modo corretto”.

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