Non sarà il record del 2011, quando il mercato mondiale delle aste di vino toccò la cifra di 478 milioni di dollari (stima di Wine Spectator), ma il 2018, stando alla ricognizione di WineNews tra i bilanci delle più importanti case internazionale, ci si è avvicinato di parecchio. Con un volume di affari intorno ai 467 milioni di dollari (in attesa dei dati definitivi di Zachys, che ha girato la metà del 2018 a 34,6 milioni di dollari, in crescita sul 2017, quando a fine hanno sfiorò gli 80 milioni di dollari), con una imponente crescita di oltre il 22% sul 2017, chiuso a 381 milioni di dollari. A fare la parte del leone, in un anno che ha segnato tanti record, la storica casa americana specializzata in vino, Acker Merrall & Condid, con 105 milioni di dollari in totale, nellʼanno che lʼha vista superare il totale del miliardo di dollari di vendite allʼasta dalla sua fondazione, nel 1820. A seguire, la divisione vino di uno dei nomi più importanti del mondo delle aste, la londinese Sothebyʼs che, per la prima volta, ha superato i 100 milioni di dollari di aggiudicazioni di wine & spirits, davanti, come, detto, allʼamericana Zachys (di cui mancano ancora i dati definitivi) che dovrebbe aver superato abbondantemente gli 80 milioni di dollari raggiunti nel 2017. Altra performance di tutto rispetto. Altra performance decisamente importante quella di Hart Davis Hart, casa dʼaste di New York, e attiva sul solo mercato americano, che ha chiuso il 2018 con 77 milioni di dollari di incasso, in un anno, come si dice in gergo, da “guanti bianchi”, con tutte le 7 aste mandate sotto il martelletto che hanno visto aggiudicare il 100% dei lotti in catalogo. Anno positivo anche per la divisione enoica di un altro storio colosso degli incanti, Christieʼs, che ha messo insieme un totale di aggiudicazione intorno ai 58 milioni di dollari. E si fanno notevoli anche i risultati della giovane realtà svizzera specializzata in fine wine, Baghera Wines, che ha raggiunti i 47,3 milioni di dollari di aggiudicazioni, collezionando il record dellʼasta più redditizia dellʼanno, quella di “Henri Jayer”, con oltre 855 bottiglie e 209 magnum provenienti dalla cantina personale del produttore mito di Borgogna, Henry Jayer, che ha incassato oltre 35 milioni di euro. E nellʼanno che ha visto ancora crescere il peso ed il successo dei vini di Borgogna, è arrivato anche il record assoluto di quotazione per una singola bottiglia, con le due di Romanée-Conti Domaine de la Romanée-Conti 1945, battute una per 558.000 dollari ed una per 496.000 dollari da Sothebyʼs.
Un 2018 che ha consolidato diversi trend. Da un lato, il peso crescente dellʼAsia, perchè se è vero che cʼè stato un certo riequilibro tra le piazze americane, europee ed asiatiche, per molte case dʼasta oltre lʼ80% delle aggiudicazioni è imputabile a collezionisti asiatici; dallʼaltro, lʼimportanza delle aste “ex cellar”, cioè provenienti direttamente dalle cantine di produzione, e delle collezioni di appassionati celebri (nel 2018 sotto i riflettori collezioni come quelle del già citato Henry Jayer, ma anche di nomi come Jerry Perenchio, per esempio), garanzia non solo della qualità, ma anche dellʼoriginalità dei vini, in un mercato, quello delle aste, che nel recente passato è stato funestato da truffe non così rare.
Altro elemento che emerge, il crescente peso dellʼon line, come testimonial il caso di Hard Davis Hart, che ha aggiudicato via web più del 10% del suo giro dʼaffari.
Per lʼItalia, ancora, i grandi nomi sono sempre i soliti: da Masseto a Sassicaia, da Solaia ad Ornellaia, da Tignanello ai grandi piemontesi come Conterno, Giacosa e Gaja, dalle griffe come Le Pergole Torte di Montevertine ai grandi sangiovese made in Montalcino, come il Brunello di Montalcino Riserva della Tenuta Greppo di Biondi Santi, o le bottiglie di Case Basse di Gianfranco Soldera, per citarne alcuni. Ma con quotazioni in crescita, e sempre più attenzione alla produzione del Belpaese da parte dei collezionisti.
Insomma, a livello di aste, quella appena archiviata è stata unʼottima annata, anche per le etichette tricolore, come testimoniato pochi giorni fa anche dalle parole di Raimondo Romani, alla guida, insieme a Flaviano Gelardini, di Gelardini & Romani, lʼunica casa dʼaste italiana specializzata in vino che opera a livello internazionale, tra Roma ed Hong Kong.
“L’aria è cambiata - spiega Romani - decisamente da quando siamo arrivati ad Hong Kong sette anni fa, se si pensa ai vini che si vendevano a 70 euro a bottiglia, ed oggi sono almeno a 200. Certo non sono cifre che fanno rumore, e del resto in Italia non abbiamo bottiglie come quelle del 1945 di Domaine de La Romanèe Conti che hanno spuntato quotazioni di mezzo milione di dollari nei giorni scorsi a New York. Ma il mercato non è fatto solo di realtà come queste, è come se parlando di auto pensassimo solo alla Bugatti. L’attenzione per il vino italiano è cresciuta e cresce molto, anche grazie alla tanta varietà che il nostro Paese sa offrire, che per il collezionista è accattivante e divertente, e nella media non c’è più l’abisso che c’era con la Francia. Di certo, l’aspetto della profondità di annata conta: i francesi, con Bordeaux e Borgogna, hanno tante etichette di livello che arrivano fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, noi di fatto, salvo rarissime eccezioni, partiamo dagli anni ‘90, o dagli anni ‘80 con qualche Barolo e Barbaresco e poco altro. Ma le cose stanno cambiando, ci vuole tempo, la prospettiva secondo noi è molto positiva. Anche perché il vino, in questo pezzo di mondo, sta diventando parte della socialità quotidiana a tutti livelli, non solo tra i super ricchi, e questo allarga di molto il mercato. Che, peraltro, sta andando decisamente sempre più verso vini eleganti e fini, a discapito di quelli più muscolari e potenti”.
E questo, spiega Romani, “si vedrà anche nell’aggiornamento che faremo nel 2019 della nostra classificazione dei Grand Cru d’Italia” (le 30 etichette di vino italiane più ricercate ed apprezzate da collezionisti ed investitori di tutto il mondo, classificate in base ai maggiori livelli di prezzo ed alla minore percentuale di lotti invenduti registrati dalla Gelardini & Romani Wine Auction, che attualmente vede al vertice assoluto il Brunello di Montalcino Riserva di Biondi Santi, il Masseto ed il Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno, seguiti, in seconda fascia, dall’Amarone della Valpolicella di Romano dal Forno e Giuseppe Quintarelli, il Barolo Riserva Rocche del Falletto ed il Barbaresco Riserva Etichetta Rossa di Bruno Giacosa, il Brunello di Montalcino di Case Basse di Gianfranco Soldera ed il Redigaffi di Tua Rita, ndr). Oggi c’è curiosità e voglia di diversità. L’Etna, per esempio, sta andando fortissimo, ci sono carte dei ristoranti ad Honk Kong che hanno assortimenti che raramente si trovano in Italia. Le persone, anche i collezionisti, cercano sempre più originalità, vini che raccontino storie e, più dell’azienda o del marchio, cercano l’espressione della vigna nel bicchiere”.
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