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VINO & ORIENTE: CHI INVESTE SUL “FAI-DA-TE” E CHI COMPRA VIGNETI PREGIATI NEL MONDO. IN THAILANDIA SI IMPORTA IL “KNOW HOW” INTERNAZIONALE PER PRODURRE VINI DI QUALITÀ, E LA CINA NON COMPRA SOLO BOTTIGLIE, MA DIRETTAMENTE CANTINE PRESTIGIOSE

Italia
La via d’Oriente per il vino

La via d’Oriente per il vino sembra la strada maestra per il futuro per i grandi produttori (e già mercato principale per le grandi aste enoiche), Francia e Italia in primis, che vivono soprattutto di export. Eppure è una via che se oggi sembra larghissima, rischia di stringersi pian piano, perché i Paesi orientali si stanno attrezzando sempre di più per il “fai-da-te”, anche per i vini di qualità.
C’è, per esempio, chi investe sul proprio territorio, come mister “Red Bull”, Chaleo Yoovidhya, l’uomo più ricco di Thailandia, che in una delle sue tenute, la MonSoon Valley (che fa parte di Siam Winery insieme a Mont Clair in Sud Africa, Peter Vella in California, Kookaburra’s in Australia, Chateau Vendome in Languedoc e Armand de Brignac nella Champagne, in Francia), 240 ettari di vigneto a sud di Bangkok, ha ingaggiato un team di agronomi per “importare” le tecniche di gestione del terreno per produrre al meglio da uve Colombard e Shiraz, che arrivano da Australia e Francia. “È una posizione ideale - spiega l’enologo Chaorai Kanchanomai - perché anche se è una zona tropicale, il microclima è un po’ più freddo che nel centro della Thailandia, e non c’è molta pioggia con il monsone”.
Una situazione che permette due vendemmie all’anno, da cui nascono 250.000 bottiglie. Ma se questa è un’esperienza “curiosa”, e in un Paese che non promette grandi numeri, è l’azione della Cina che deve far riflettere di più. Riconosciuta come nuovo “Eldorato” per bottiglie di altissimo lusso, oltre a produrre oltre il 90% di vino (per ora di bassa qualità) per il consumo interno, sta “comprando” vigneti e tenute nelle zone più pregiate del mondo: Cofco, uno dei primi gruppi del wine & food del Paese, controllato dal Governo di Pechino, ha comprato 20 ettari di Chateau de Viaud, grand cru Lalande-de-Pomerol, per 10 milioni di euro. E, intanto, dopo la scuola enologica francese di Pechino, i “negociant” francesi hanno aperto un centro culturale sul vino a Tianjin, quarta città del Paese.

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